I primi studi che hanno dimostrato l’efficacia dei metalli zero-valenti nell’abbattimento di contaminanti organici ed inorganici risalgono ai primi anni settanta (Sweeny e Fischer 1972). Furono però Gillham e O’Hannesin, presso l’Università di Waterloo in Canada, a condurre alcuni studi indirizzati all’utilizzo del ferro per il trattamento di acquiferi contaminati. Nel 1992 dimostrarono che il ferro granulare è in grado di degradare per via abiotica, a temperatura e pressione ambiente, diverse sostanze alifatiche alogenate e che le velocità di abbattimento sono di vari ordini di grandezza superiori a quelle che si riscontrano in presenza di fenomeni biodegradativi. Gillham e O’Hannesin proposero, per l’abbattimento in situ di contaminazioni da solventi, l’impiego di barriere permeabili contenenti ferro metallico installate direttamente all’interno della falda: le Permeable Reactive Barriers (PRB). L’applicabilità del ferro zerovalente al trattamento di composti inorganici è testimoniato dagli studi di Blowes et. al (1995) e Bennet et al. (1997). Le prime sperimentazioni nacquero, quindi, nei primi anni ’90 sotto forma di impianti pilota. Da allora sono state sviluppate, nel mondo e su scala reale, un centinaio di barriere delle quali 67 negli USA, 1 in Canada, 3 in Giappone e 12 in Europa di cui 1 in Italia. Nella prima parte di questa nota vengono descritti i principi di funzionamento alla base di questa tecnologia con particolare riferimento all’uso del ferro zero-valente quale materiale reagente, illustrandone, inoltre, i criteri progettuali e realizzativi (per maggiori dettagli si rimanda a Di Molfetta e Sethi, 2005). Nella seconda parte, vengono illustrate le sequenze progettuali e costruttive della prima barriera reattiva permeabile ferro zero-valente realizzata in Italia, in Provincia di Torino, nell'ottobre del 2004.

Barriere reattive permeabili / DI MOLFETTA, Antonio; Sethi, Rajandrea - In: Bonifica dei siti contaminati: caratterizzazione e tecnologie di risanamento. / A cura di Luca Bonomo. - STAMPA. - Milano : Mc Graw-Hill, 2005. - ISBN 9788838662782. - pp. 562-605

Barriere reattive permeabili

DI MOLFETTA, Antonio;SETHI, RAJANDREA
2005

Abstract

I primi studi che hanno dimostrato l’efficacia dei metalli zero-valenti nell’abbattimento di contaminanti organici ed inorganici risalgono ai primi anni settanta (Sweeny e Fischer 1972). Furono però Gillham e O’Hannesin, presso l’Università di Waterloo in Canada, a condurre alcuni studi indirizzati all’utilizzo del ferro per il trattamento di acquiferi contaminati. Nel 1992 dimostrarono che il ferro granulare è in grado di degradare per via abiotica, a temperatura e pressione ambiente, diverse sostanze alifatiche alogenate e che le velocità di abbattimento sono di vari ordini di grandezza superiori a quelle che si riscontrano in presenza di fenomeni biodegradativi. Gillham e O’Hannesin proposero, per l’abbattimento in situ di contaminazioni da solventi, l’impiego di barriere permeabili contenenti ferro metallico installate direttamente all’interno della falda: le Permeable Reactive Barriers (PRB). L’applicabilità del ferro zerovalente al trattamento di composti inorganici è testimoniato dagli studi di Blowes et. al (1995) e Bennet et al. (1997). Le prime sperimentazioni nacquero, quindi, nei primi anni ’90 sotto forma di impianti pilota. Da allora sono state sviluppate, nel mondo e su scala reale, un centinaio di barriere delle quali 67 negli USA, 1 in Canada, 3 in Giappone e 12 in Europa di cui 1 in Italia. Nella prima parte di questa nota vengono descritti i principi di funzionamento alla base di questa tecnologia con particolare riferimento all’uso del ferro zero-valente quale materiale reagente, illustrandone, inoltre, i criteri progettuali e realizzativi (per maggiori dettagli si rimanda a Di Molfetta e Sethi, 2005). Nella seconda parte, vengono illustrate le sequenze progettuali e costruttive della prima barriera reattiva permeabile ferro zero-valente realizzata in Italia, in Provincia di Torino, nell'ottobre del 2004.
2005
9788838662782
Bonifica dei siti contaminati: caratterizzazione e tecnologie di risanamento.
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