In difetto, da parte dell’Eritrea di oggi, di una allargata consapevolezza della propria tradizione architettonica, questo saggio si propone di contribuire a una necessaria opera di scavo e di identificazione, finalizzata alla costruzione di un patrimonio di conoscenze, di riferimenti comuni, di coscienza culturale diffusa e assimilata, su cui poter fondare la ricerca di una “nuova tradizione”, figurativa e compositiva, capace di fronteggiare le importanti scadenze di trasformazioni e di sviluppo alle quali saranno inevitabilmente chiamati il territorio e l’architettura eritrei negli anni a venire. Laboratorio d’Oltremare/Laboratorio Latinoamerica. Dall’analisi e dal confronto di questi due laboratori, scaturiscono temi significativi e raffrontabili, tanto che le evidenti distinzioni dimensionali e funzionali sembra quasi vengano annullate a favore di una necessaria compensazione dove, per esempio, studi, progetti e realizzazioni di villaggi, quartieri e interi agglomerati urbani caratterizzanti l’esperienza coloniale italiana degli anni Trenta in Africa, o la riorganizzazione del più importante polo ricreativo all’ovest dell’Avana, incentrato sul complesso scolastico delle cinque Scuole Nazionali d’Arte costruite tra il 1961 e il 1963, si fondono in un comune tentativo di riorganizzazione del territorio dove segno architettonico e disegno urbanistico si muovono in parallelo e assumono pari importanza. La costruzione, in estrema sintesi, di una Scuola nazionale di architettura all’Asmara, contestualmente radicata ma capace di autentici confronti internazionali, all’interno di un rinnovato solidarismo ideale dei “Tre Mondi” (con i quali stabilire feconde comparazioni per analogia e differenza) e in confronto dialettico con il mondo “avanzato”, per evitare che le difficoltà della situazione passata e presente inducano a un atteggiamento di autolimitazione, di subalternità, di rinuncia, in sostanza, rispetto a propri valori e tradizioni e trapianti (ivi compresi quelli di un certo passato coloniale, se criticamente reinterpretati) o, all’apposto, a fughe in avanti, alla rincorsa di modelli cosmopoliti e transcontestuali, oggi così diffusi e imperanti, in una logica, questa, ancor più subalterna ai dilaganti processi di colonizzazione e inculturazione.
Architettura di retroguardia e laboratorio d'oltremare. Per una Scuola nazionale di architettura all'Asmara / Canella, Gentucca. - STAMPA. - (2006), pp. 1-173.
Architettura di retroguardia e laboratorio d'oltremare. Per una Scuola nazionale di architettura all'Asmara
CANELLA, GENTUCCA
2006
Abstract
In difetto, da parte dell’Eritrea di oggi, di una allargata consapevolezza della propria tradizione architettonica, questo saggio si propone di contribuire a una necessaria opera di scavo e di identificazione, finalizzata alla costruzione di un patrimonio di conoscenze, di riferimenti comuni, di coscienza culturale diffusa e assimilata, su cui poter fondare la ricerca di una “nuova tradizione”, figurativa e compositiva, capace di fronteggiare le importanti scadenze di trasformazioni e di sviluppo alle quali saranno inevitabilmente chiamati il territorio e l’architettura eritrei negli anni a venire. Laboratorio d’Oltremare/Laboratorio Latinoamerica. Dall’analisi e dal confronto di questi due laboratori, scaturiscono temi significativi e raffrontabili, tanto che le evidenti distinzioni dimensionali e funzionali sembra quasi vengano annullate a favore di una necessaria compensazione dove, per esempio, studi, progetti e realizzazioni di villaggi, quartieri e interi agglomerati urbani caratterizzanti l’esperienza coloniale italiana degli anni Trenta in Africa, o la riorganizzazione del più importante polo ricreativo all’ovest dell’Avana, incentrato sul complesso scolastico delle cinque Scuole Nazionali d’Arte costruite tra il 1961 e il 1963, si fondono in un comune tentativo di riorganizzazione del territorio dove segno architettonico e disegno urbanistico si muovono in parallelo e assumono pari importanza. La costruzione, in estrema sintesi, di una Scuola nazionale di architettura all’Asmara, contestualmente radicata ma capace di autentici confronti internazionali, all’interno di un rinnovato solidarismo ideale dei “Tre Mondi” (con i quali stabilire feconde comparazioni per analogia e differenza) e in confronto dialettico con il mondo “avanzato”, per evitare che le difficoltà della situazione passata e presente inducano a un atteggiamento di autolimitazione, di subalternità, di rinuncia, in sostanza, rispetto a propri valori e tradizioni e trapianti (ivi compresi quelli di un certo passato coloniale, se criticamente reinterpretati) o, all’apposto, a fughe in avanti, alla rincorsa di modelli cosmopoliti e transcontestuali, oggi così diffusi e imperanti, in una logica, questa, ancor più subalterna ai dilaganti processi di colonizzazione e inculturazione.Pubblicazioni consigliate
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https://hdl.handle.net/11583/1793974
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