I principi di “Buono, Pulito e Giusto”, manifesto del Salone del Gusto 2006, hanno delineato la nuova qualità che i prodotti alimentari dovrebbero raggiungere nel prossimo futuro. Queste principi, inscindibili e strettamente correlati fra loro, possono essere visti come i tre elementi fondamentali che un qualsiasi cibo dovrà avere in se così da poter essere accettato come alimento di qualità. Il Buono attiene alle caratteristiche organolettiche, alla gratificazione del palato, ma anche ad una connotazione culturale rispettosa dell’identità di territorio. Il Pulito indica la sostenibilità di un alimento in tutte le sue fasi di lavorazione, dalla produzione delle materie prime al suo consumo, passando per la sua trasformazione e la sua distribuzione. Il Giusto, infine, è attinente alla sfera della giustizia sociale: troppi lavoratori sono sfruttati nel mondo del cibo, troppi contadini non ricevono il giusto per ciò che fanno, sia da un punto di vista economico che sociale. Carlo Petrini ha fatto notare tra l’altro quanto profondi siano i legami fra cibo ed ambiente, tra cucina e qualità dell’habitat dove si producono beni agricoli: “Il gastronomo deve sapere di agricoltura, perché vuole sapere del suo cibo e perché vuole favorire i metodi agricoli che salvaguardano la biodiversità, i sapori e i saperi a essa connessi. Va da sé che, visto lo stato in cui abbiamo ridotto la Terra, è anche automatico che il gastronomo debba avere una coscienza ambientale, intendersi di ecologia. Ci tengo a ripetere che un gastronomo che non abbia coscienza ambientale è uno stupido, perché così si fa ingannare in ogni modo possibile e lascia che la terra, dalla quale trae l’essenza del suo lavoro, muoia”.1 In poche battute, ecco trasparire quello che può essere considerato il nucleo originario della filosofia di Slow Food. La gioia del mangiare genuino non è allora la mania, un po’ snob, dell’edonista solitario ma, un’umanissima ricerca di felicità attraverso il cibo, caratteristica anche “rituale” che appartiene a tutte le classi sociali e a tutte le genti che popolano la Terra. Tutti hanno interesse, al di là della mistificazione pubblicitaria, ad un cibo genuino, fatto di elementi non inquinati dalla chimica, uscito da un ambiente salubre, dove la manipolazione dell’agricoltore esalta e non mortifica la creatività e le dinamiche naturali. Per esteso, quindi, la ricerca della gioia diventa la base per un progetto di sostenibilità ambientale di portata generale. Il sapore e la percezione organolettica del cibo non sono però gli unici fattori da tenere in considerazione per definire la qualità di un prodotto in quanto bisogna anche valutare e dare uguale importanza alle fasi di produzione, promozione, di vendita, di consumo e, infine, di dismissione del prodotto: il suo intero ciclo di vita. Lo studio di un packaging ecologico, che non inquini, che sia riciclabile e che rispetti le caratteristiche del prodotto è, da questo punto di vista, un elemento che può risultare determinante in un progetto di “sostenibilità del cibo”; il tutto, nel rispetto dei prodotti tradizionali, per fare in modo che le caratteristiche uniche di ciascun prodotto edibile siano conservate, rispettate ed apprezzate appieno. Dalla definizione di questo nuovo concetto di qualità e dalla possibilità che esso generi nuovi meccanismi economici sensibili alle esigenze ambientali, deriva la necessità di una presa di coscienza forte, che renda l’individuo capace di riconoscere, valutare, apprezzare e, infine, scegliere un prodotto. Un individuo che, informato sulle problematiche ambientali che alcune produzioni e alcune pratiche comportano, sulle 1 Tratto da: Petrini C., Buono, pulito e giusto. Principi di nuova gastronomia, Einaudi, Torino, 2005. conseguenze sociali che taluni indirizzi economici causano, sulle ragioni dell’impoverimento della biodiversità, non potrà più essere definito, al momento della scelta d’acquisto, un semplice consumatore. Con il suo gesto consapevole, motivato, il consumatore potrà ridare maggior valore e maggior dignità ad un prodotto piuttosto che ad un altro, ed avrà la possibilità di riconoscersi come un alleato del produttore e anello fondamentale del progetto della sostenibilità alimentare: chiudendo il cerchio della catena produttiva, egli ne farà parte, scoprendosi co-produttore attivo e reattivo. Nel tentativo di perseguire questa nuova strada progettuale, la Fondazione Slow Food per la Biodiversità ONLUS, insieme a Disegno Industriale (Politecnico di Torino) ed alla collaborazione della Facoltà di Agraria di Torino (Dipartimento di Culturee Arboree) e di numerose aziende del settore, ha iniziato già nel 2007 un percorso congiunto di analisi, collaborazione e responsabilizzazione sociale che promuove imballaggi a ridotto impatto ambientale per i prodotti dei Presìdi. Partendo da questi presupposti, sono state definite le linee guida per la produzione di packaging sostenibili qui presentate. La loro compilazione è nata dalla convinzione che, in un periodo di globalizzazione e sotto le pressioni di una logica industriale ed omologante, i Presìdi Slow Food (e non solo) come anche i loro produttori/fornitori, potranno rappresentare un esempio virtuoso di “veri operatori di un cibo sostenibile”, assumendo così il ruolo di punti di riferimento per la divulgazione di valori e qualità territoriali.

Food-Pack Guidelines. Linee guida per la progettazione ecocompatibile di imballaggi agroalimentari / Ceppa, Clara; Fassio, Franco; Marino, GIAN PAOLO. - ELETTRONICO. - (2008).

Food-Pack Guidelines. Linee guida per la progettazione ecocompatibile di imballaggi agroalimentari

CEPPA, CLARA;FASSIO, FRANCO;MARINO, GIAN PAOLO
2008

Abstract

I principi di “Buono, Pulito e Giusto”, manifesto del Salone del Gusto 2006, hanno delineato la nuova qualità che i prodotti alimentari dovrebbero raggiungere nel prossimo futuro. Queste principi, inscindibili e strettamente correlati fra loro, possono essere visti come i tre elementi fondamentali che un qualsiasi cibo dovrà avere in se così da poter essere accettato come alimento di qualità. Il Buono attiene alle caratteristiche organolettiche, alla gratificazione del palato, ma anche ad una connotazione culturale rispettosa dell’identità di territorio. Il Pulito indica la sostenibilità di un alimento in tutte le sue fasi di lavorazione, dalla produzione delle materie prime al suo consumo, passando per la sua trasformazione e la sua distribuzione. Il Giusto, infine, è attinente alla sfera della giustizia sociale: troppi lavoratori sono sfruttati nel mondo del cibo, troppi contadini non ricevono il giusto per ciò che fanno, sia da un punto di vista economico che sociale. Carlo Petrini ha fatto notare tra l’altro quanto profondi siano i legami fra cibo ed ambiente, tra cucina e qualità dell’habitat dove si producono beni agricoli: “Il gastronomo deve sapere di agricoltura, perché vuole sapere del suo cibo e perché vuole favorire i metodi agricoli che salvaguardano la biodiversità, i sapori e i saperi a essa connessi. Va da sé che, visto lo stato in cui abbiamo ridotto la Terra, è anche automatico che il gastronomo debba avere una coscienza ambientale, intendersi di ecologia. Ci tengo a ripetere che un gastronomo che non abbia coscienza ambientale è uno stupido, perché così si fa ingannare in ogni modo possibile e lascia che la terra, dalla quale trae l’essenza del suo lavoro, muoia”.1 In poche battute, ecco trasparire quello che può essere considerato il nucleo originario della filosofia di Slow Food. La gioia del mangiare genuino non è allora la mania, un po’ snob, dell’edonista solitario ma, un’umanissima ricerca di felicità attraverso il cibo, caratteristica anche “rituale” che appartiene a tutte le classi sociali e a tutte le genti che popolano la Terra. Tutti hanno interesse, al di là della mistificazione pubblicitaria, ad un cibo genuino, fatto di elementi non inquinati dalla chimica, uscito da un ambiente salubre, dove la manipolazione dell’agricoltore esalta e non mortifica la creatività e le dinamiche naturali. Per esteso, quindi, la ricerca della gioia diventa la base per un progetto di sostenibilità ambientale di portata generale. Il sapore e la percezione organolettica del cibo non sono però gli unici fattori da tenere in considerazione per definire la qualità di un prodotto in quanto bisogna anche valutare e dare uguale importanza alle fasi di produzione, promozione, di vendita, di consumo e, infine, di dismissione del prodotto: il suo intero ciclo di vita. Lo studio di un packaging ecologico, che non inquini, che sia riciclabile e che rispetti le caratteristiche del prodotto è, da questo punto di vista, un elemento che può risultare determinante in un progetto di “sostenibilità del cibo”; il tutto, nel rispetto dei prodotti tradizionali, per fare in modo che le caratteristiche uniche di ciascun prodotto edibile siano conservate, rispettate ed apprezzate appieno. Dalla definizione di questo nuovo concetto di qualità e dalla possibilità che esso generi nuovi meccanismi economici sensibili alle esigenze ambientali, deriva la necessità di una presa di coscienza forte, che renda l’individuo capace di riconoscere, valutare, apprezzare e, infine, scegliere un prodotto. Un individuo che, informato sulle problematiche ambientali che alcune produzioni e alcune pratiche comportano, sulle 1 Tratto da: Petrini C., Buono, pulito e giusto. Principi di nuova gastronomia, Einaudi, Torino, 2005. conseguenze sociali che taluni indirizzi economici causano, sulle ragioni dell’impoverimento della biodiversità, non potrà più essere definito, al momento della scelta d’acquisto, un semplice consumatore. Con il suo gesto consapevole, motivato, il consumatore potrà ridare maggior valore e maggior dignità ad un prodotto piuttosto che ad un altro, ed avrà la possibilità di riconoscersi come un alleato del produttore e anello fondamentale del progetto della sostenibilità alimentare: chiudendo il cerchio della catena produttiva, egli ne farà parte, scoprendosi co-produttore attivo e reattivo. Nel tentativo di perseguire questa nuova strada progettuale, la Fondazione Slow Food per la Biodiversità ONLUS, insieme a Disegno Industriale (Politecnico di Torino) ed alla collaborazione della Facoltà di Agraria di Torino (Dipartimento di Culturee Arboree) e di numerose aziende del settore, ha iniziato già nel 2007 un percorso congiunto di analisi, collaborazione e responsabilizzazione sociale che promuove imballaggi a ridotto impatto ambientale per i prodotti dei Presìdi. Partendo da questi presupposti, sono state definite le linee guida per la produzione di packaging sostenibili qui presentate. La loro compilazione è nata dalla convinzione che, in un periodo di globalizzazione e sotto le pressioni di una logica industriale ed omologante, i Presìdi Slow Food (e non solo) come anche i loro produttori/fornitori, potranno rappresentare un esempio virtuoso di “veri operatori di un cibo sostenibile”, assumendo così il ruolo di punti di riferimento per la divulgazione di valori e qualità territoriali.
2008
9788890339219
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