La tesi nasce da alcune riflessioni in merito al tentativo di costruire categorie per la lettura di un territorio a me particolarmente famigliare come quello della pianura cuneese, appoggiandomi a strumenti disciplinari a cavallo fra fenomenologie e letture storiche. Percorrendo quotidianamente, in macchina oppure in treno, il tragitto tra Cuneo e Torino, emerge una stratificazione complessa di segni, che intercettano le trasformazioni storiche e contemporanee infrastrutturali, delle architetture, degli insediamenti, ma anche di quel “modo di vivere” rurale e metropolitano allo stesso tempo, caratterizzato dall'attenzione ostinata e consolatoria ancor più che conservativa, verso un certo tipo di patrimonio da un lato, e dalla carenza di modelli insediativi contemporanei che rispondano efficacemente alle sempre più rapide trasformazioni in atto. Ad una prima lettura si osserva come nei tessuti agricoli paia emergere una rottura fra gli spazi di lavoro e gli spazi dell'abitare, che corrisponde dapprima ad un abbandono dei modelli insediativi storici della casa-cascina per trasporsi nel modello casa-capannone e successivamente nelle grandi aree artigianali contrapposte al recupero a fini abitativi dei fabbricati rurali. Può il progetto di architettura trovare risposte convincenti a queste nuove tendenze apparentemente omologanti? Si propone qui un percorso di ricerca che concentra l'attenzione proprio su quella parte di letteratura disciplinare che negli ultimi anni ha cercato di mettere in discussione i “territori sempre più simili”(C. Bianchetti 2004), per concentrarsi invece sulle “differenze identitarie” che oggi paiono suscitare particolare interesse, non solo in maniera capillare nel modo di vivere, ma soprattutto nella disciplina architettonica. A partire dal 2005 emerge infatti, attraverso una sempre più densa serie di pubblicazioni, una particolare attenzione a spazi “altri”, codificandoli attraverso nuove categorie interpretative(E. Lancerini, Territori Lenti, 2005) e nuovi metodi di lettura(A. Magnaghi, La rappresentazione identitaria del territorio..., 2005). Nell'era dello “slow”, corrispondente non soltanto a quel movimento promosso già alla fine degli anni '90 da C. Petrini nel manifesto di Slow Food (Carta costitutiva delle città Slow, 1999), ma inevitabilmente anche ad un'attenzione alla qualità della vita intesa in senso più ampio, in cui rientrano inoltre dinamiche dell'abitare profondamente diverse da quelle degli anni precedenti e a cui inevitabilmente corrisponde “un'attesa” architettonica e formale altra rispetto a quanto individuato nella stagione passata. La chiave di rottura con la “globalizzazione anni '80” per arrivare alla globalizzazione del nuovo secolo passa proprio attraverso il guardarsi nuovamente dentro, questa volta, però, con una consapevolezza diversa rispetto a cosa c'è al di fuori. La questione di quale possa essere il nuovo ruolo dell'architettura in questa riscoperta del locale(A. Magnaghi, Progetto locale, 2001) attraversa tutto questo lavoro. L'interesse per questo recupero o reinvenzione delle identità è evidenziata anche dalla sempre più diffusa introduzione di alcuni inediti tematismi negli strumenti normativi (Si pensi ad esempio all'individuazione dei caratteri identitari nei Piani Paesaggistici Regionali, o alla realizzazione delle Carte del patrimonio). Questi paiono essere un tentativo di risposta in particolare a quelle domande latenti del territorio che sempre più chiaramente vengono recepite dai diversi attori locali, che agiscono sia attraverso la restituzione di racconti spaziali, che trattano uno spazio immaginario o immaginato, sia attraverso “azioni progettanti” più o meno studiate. Il racconto di queste immagini architettoniche, che emergono dalle visioni locali, il loro ruolo nella progettazione dello spazio e quale sia la risposta istituzionale degli strumenti normativi diventa quindi il tema centrale del lavoro. Il caso studio prescelto pare, a questo proposito, particolarmente interessante. Il tema della "provincia italiana", la rete policentrica specifica di questa parte della pianura padana, sono stati raccontati come territori dell'ordinario(S. Giriodi, M. Robiglio, 2001), come spazio bianco non classificabile né attraverso le categorie della dispersione insediativa, né come eccellenza dei territori lenti. Lo scarto che vuole compiere questo lavoro è proprio il passaggio dell'applicazione della categoria interpretativa dei territori lenti dall'eccellenza all'ordinario, attraverso la messa a punto delle rappresentazioni identitarie come strumento operativo. La proliferazione capillare di una serie di enti locali con finalità di promozione, di racconto e di governo del territorio, che emerge in una recente ricerca condotta da Ires Piemonte ( Ricerca ATLAS, Ires Piemonte, 2001), in questa parte della regione, permette di cogliere una serie di immagini architettoniche di notevole interesse, anche se ancora prive del passaggio progettuale inteso in termini di "operatività cosciente". Si è quindi scelto di costruire un racconto critico sulle letture parziali esistenti di questi attori perché mi pare si possa dire che, al di là del tema del marketing territoriale e del benchmarking, queste forme di racconto “dall'interno” costituiscano una voce parallela alle letture disciplinari che, si è recentemente molto specializzata nelle modalità e nei contenuti e che sempre più contiene questioni potenzialmente intrecciabili al tema della forma dello spazio, anche se non sempre in modo esplicito. Tali questioni possono individuare quindi un campo operativo da mettere in comune con la disciplina del progetto urbano e di architettura. L'obiettivo consiste nell'arrivare ad una sintesi di messa in valore di queste specifiche “narrazioni locali”, che in questi anni riemergono in modo significativo, per restituire importanza al local rispetto al global. La crescente “domanda di architettura” che sottende un ripristino dell'equilibrio fra ragioni insediative e linguaggio non può eludere il ruolo del progetto come trait d'union della trasposizione in forma delle diverse dimensioni degli immaginari locali. Nella prima parte del lavoro si definisce il quadro disciplinare, attraverso l'introduzione dei concetti guida di identità e immaginario, slow e provincia: idee a volte sfuggenti, ma che attraverso alcune definizioni di campo sembrano poter recuperare una dimensione operativa. Il quadro sullo stato dell'arte delle rappresentazioni identitarie, intrecciate al concetto di paesaggio, sottolinea come oggi ci sia una crescente attenzione, anche in discipline affini alla nostra, alla dimensione della "coscienza di luogo", ma quale il risvolto nell'architettura? Nella seconda parte del testo è stata catalogata, attraverso grandi temi emergenti, una selezione di materiali eterogenei realizzati da enti locali. Nella terza parte, infine si sviluppa, per ogni tema raccontato, una progettualità, introducendo la multidimensionalità come lettura caleidoscopica del paesaggio. Si individuano una serie di progetti realizzati sul territorio che evidenziano criticità e valori utili per delineare strategie operative.

L'influenza degli immaginari collettivi nel progetto delle trasformazioni della provincia italiana oggi.Il caso studio del Piemonte sud-occidentale / Goldschmidt, EVA CAROLIN SARAH. - (2012).

L'influenza degli immaginari collettivi nel progetto delle trasformazioni della provincia italiana oggi.Il caso studio del Piemonte sud-occidentale

GOLDSCHMIDT, EVA CAROLIN SARAH
2012

Abstract

La tesi nasce da alcune riflessioni in merito al tentativo di costruire categorie per la lettura di un territorio a me particolarmente famigliare come quello della pianura cuneese, appoggiandomi a strumenti disciplinari a cavallo fra fenomenologie e letture storiche. Percorrendo quotidianamente, in macchina oppure in treno, il tragitto tra Cuneo e Torino, emerge una stratificazione complessa di segni, che intercettano le trasformazioni storiche e contemporanee infrastrutturali, delle architetture, degli insediamenti, ma anche di quel “modo di vivere” rurale e metropolitano allo stesso tempo, caratterizzato dall'attenzione ostinata e consolatoria ancor più che conservativa, verso un certo tipo di patrimonio da un lato, e dalla carenza di modelli insediativi contemporanei che rispondano efficacemente alle sempre più rapide trasformazioni in atto. Ad una prima lettura si osserva come nei tessuti agricoli paia emergere una rottura fra gli spazi di lavoro e gli spazi dell'abitare, che corrisponde dapprima ad un abbandono dei modelli insediativi storici della casa-cascina per trasporsi nel modello casa-capannone e successivamente nelle grandi aree artigianali contrapposte al recupero a fini abitativi dei fabbricati rurali. Può il progetto di architettura trovare risposte convincenti a queste nuove tendenze apparentemente omologanti? Si propone qui un percorso di ricerca che concentra l'attenzione proprio su quella parte di letteratura disciplinare che negli ultimi anni ha cercato di mettere in discussione i “territori sempre più simili”(C. Bianchetti 2004), per concentrarsi invece sulle “differenze identitarie” che oggi paiono suscitare particolare interesse, non solo in maniera capillare nel modo di vivere, ma soprattutto nella disciplina architettonica. A partire dal 2005 emerge infatti, attraverso una sempre più densa serie di pubblicazioni, una particolare attenzione a spazi “altri”, codificandoli attraverso nuove categorie interpretative(E. Lancerini, Territori Lenti, 2005) e nuovi metodi di lettura(A. Magnaghi, La rappresentazione identitaria del territorio..., 2005). Nell'era dello “slow”, corrispondente non soltanto a quel movimento promosso già alla fine degli anni '90 da C. Petrini nel manifesto di Slow Food (Carta costitutiva delle città Slow, 1999), ma inevitabilmente anche ad un'attenzione alla qualità della vita intesa in senso più ampio, in cui rientrano inoltre dinamiche dell'abitare profondamente diverse da quelle degli anni precedenti e a cui inevitabilmente corrisponde “un'attesa” architettonica e formale altra rispetto a quanto individuato nella stagione passata. La chiave di rottura con la “globalizzazione anni '80” per arrivare alla globalizzazione del nuovo secolo passa proprio attraverso il guardarsi nuovamente dentro, questa volta, però, con una consapevolezza diversa rispetto a cosa c'è al di fuori. La questione di quale possa essere il nuovo ruolo dell'architettura in questa riscoperta del locale(A. Magnaghi, Progetto locale, 2001) attraversa tutto questo lavoro. L'interesse per questo recupero o reinvenzione delle identità è evidenziata anche dalla sempre più diffusa introduzione di alcuni inediti tematismi negli strumenti normativi (Si pensi ad esempio all'individuazione dei caratteri identitari nei Piani Paesaggistici Regionali, o alla realizzazione delle Carte del patrimonio). Questi paiono essere un tentativo di risposta in particolare a quelle domande latenti del territorio che sempre più chiaramente vengono recepite dai diversi attori locali, che agiscono sia attraverso la restituzione di racconti spaziali, che trattano uno spazio immaginario o immaginato, sia attraverso “azioni progettanti” più o meno studiate. Il racconto di queste immagini architettoniche, che emergono dalle visioni locali, il loro ruolo nella progettazione dello spazio e quale sia la risposta istituzionale degli strumenti normativi diventa quindi il tema centrale del lavoro. Il caso studio prescelto pare, a questo proposito, particolarmente interessante. Il tema della "provincia italiana", la rete policentrica specifica di questa parte della pianura padana, sono stati raccontati come territori dell'ordinario(S. Giriodi, M. Robiglio, 2001), come spazio bianco non classificabile né attraverso le categorie della dispersione insediativa, né come eccellenza dei territori lenti. Lo scarto che vuole compiere questo lavoro è proprio il passaggio dell'applicazione della categoria interpretativa dei territori lenti dall'eccellenza all'ordinario, attraverso la messa a punto delle rappresentazioni identitarie come strumento operativo. La proliferazione capillare di una serie di enti locali con finalità di promozione, di racconto e di governo del territorio, che emerge in una recente ricerca condotta da Ires Piemonte ( Ricerca ATLAS, Ires Piemonte, 2001), in questa parte della regione, permette di cogliere una serie di immagini architettoniche di notevole interesse, anche se ancora prive del passaggio progettuale inteso in termini di "operatività cosciente". Si è quindi scelto di costruire un racconto critico sulle letture parziali esistenti di questi attori perché mi pare si possa dire che, al di là del tema del marketing territoriale e del benchmarking, queste forme di racconto “dall'interno” costituiscano una voce parallela alle letture disciplinari che, si è recentemente molto specializzata nelle modalità e nei contenuti e che sempre più contiene questioni potenzialmente intrecciabili al tema della forma dello spazio, anche se non sempre in modo esplicito. Tali questioni possono individuare quindi un campo operativo da mettere in comune con la disciplina del progetto urbano e di architettura. L'obiettivo consiste nell'arrivare ad una sintesi di messa in valore di queste specifiche “narrazioni locali”, che in questi anni riemergono in modo significativo, per restituire importanza al local rispetto al global. La crescente “domanda di architettura” che sottende un ripristino dell'equilibrio fra ragioni insediative e linguaggio non può eludere il ruolo del progetto come trait d'union della trasposizione in forma delle diverse dimensioni degli immaginari locali. Nella prima parte del lavoro si definisce il quadro disciplinare, attraverso l'introduzione dei concetti guida di identità e immaginario, slow e provincia: idee a volte sfuggenti, ma che attraverso alcune definizioni di campo sembrano poter recuperare una dimensione operativa. Il quadro sullo stato dell'arte delle rappresentazioni identitarie, intrecciate al concetto di paesaggio, sottolinea come oggi ci sia una crescente attenzione, anche in discipline affini alla nostra, alla dimensione della "coscienza di luogo", ma quale il risvolto nell'architettura? Nella seconda parte del testo è stata catalogata, attraverso grandi temi emergenti, una selezione di materiali eterogenei realizzati da enti locali. Nella terza parte, infine si sviluppa, per ogni tema raccontato, una progettualità, introducendo la multidimensionalità come lettura caleidoscopica del paesaggio. Si individuano una serie di progetti realizzati sul territorio che evidenziano criticità e valori utili per delineare strategie operative.
2012
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