Il saggio si propone di affrontare il rapporto tra architettura e archeologia in relazione ad alcuni progetti dell’architetto Giorgio Grassi e in particolare rispetto al tema, centrale nella sua opera, del teatro romano. A partire dagli anni della formazione alla scuola di Ernesto Nathan Rogers, attraverso l’esperienza dei viaggi, attraverso il confronto con determinati periodi della storia (l’architettura romana) e con alcuni monumenti in particolare (il teatro) emerge con chiarezza una posizione consapevole, un punto di vista sul “restauro” che guarda alle trasformazioni del monumento nel tempo come espressioni della cultura del progetto e del “progresso” dell’architettura. È certamente all’insegnamento di Rogers che si può riferire l’idea di «un oggetto architettonico» come di «un organismo vivo», che si trasforma nel tempo, come anche l’atteggiamento “tecnico” che l’architetto deve assumere di fronte alle rovine: «Se l’edificio è inutilizzato ma rimane, almeno parzialmente valida, l’intrinseca economia dei suoi rapporti strutturali, la commozione che proviamo è di natura architettonica; ma se anche l’economia intrinseca non è più rappresentata e ci troviamo di fronte ai ruderi, la commozione è di tutt’altra natura (plastica, letteraria, sentimentale)». A partire da queste premesse vengono presi in esame il contributo teorico dell’architetto rispetto alla questione dell’archeologia e del restauro e due progetti, complementari, quello per il teatro romano di Sagunto (1985-1992) e quello, non realizzato, per il teatro romano di Brescia (2000).

Architettura e archeologia: a proposito di alcuni progetti di Giorgio Grassi / Malcovati, Silvia. - In: LA RIVISTA DI ENGRAMMA. - ISSN 1826-901X. - ELETTRONICO. - 103(2013), pp. 7-25.

Architettura e archeologia: a proposito di alcuni progetti di Giorgio Grassi

MALCOVATI, SILVIA
2013

Abstract

Il saggio si propone di affrontare il rapporto tra architettura e archeologia in relazione ad alcuni progetti dell’architetto Giorgio Grassi e in particolare rispetto al tema, centrale nella sua opera, del teatro romano. A partire dagli anni della formazione alla scuola di Ernesto Nathan Rogers, attraverso l’esperienza dei viaggi, attraverso il confronto con determinati periodi della storia (l’architettura romana) e con alcuni monumenti in particolare (il teatro) emerge con chiarezza una posizione consapevole, un punto di vista sul “restauro” che guarda alle trasformazioni del monumento nel tempo come espressioni della cultura del progetto e del “progresso” dell’architettura. È certamente all’insegnamento di Rogers che si può riferire l’idea di «un oggetto architettonico» come di «un organismo vivo», che si trasforma nel tempo, come anche l’atteggiamento “tecnico” che l’architetto deve assumere di fronte alle rovine: «Se l’edificio è inutilizzato ma rimane, almeno parzialmente valida, l’intrinseca economia dei suoi rapporti strutturali, la commozione che proviamo è di natura architettonica; ma se anche l’economia intrinseca non è più rappresentata e ci troviamo di fronte ai ruderi, la commozione è di tutt’altra natura (plastica, letteraria, sentimentale)». A partire da queste premesse vengono presi in esame il contributo teorico dell’architetto rispetto alla questione dell’archeologia e del restauro e due progetti, complementari, quello per il teatro romano di Sagunto (1985-1992) e quello, non realizzato, per il teatro romano di Brescia (2000).
2013
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