“(...) Il modello, inteso secondo la esecuzione pratica dell’arte, è un oggetto che si deve ripeter tal qual’è; il tipo è, per lo contrario, un oggetto, secondo il quale ognuno può concepire delle opere, che non si rassomiglieranno punto fra loro.Tutto è preciso e dato nel modello; tutto è più o men vago nel tipo". La definizione di Tipo fornita da Quatremère de Quincy nel 1832, rappresenta l’epilogo di quella che si potrebbe definire la questione dell’imitazione nell’architettura tra Settecento e Ottocento. Una questione che si consuma a Potsdam nell’arco di un secolo, quello che divide il regno di Federico II da quello di Federico Gugliemo IV, e si misura nella distanza che separa la copia filologica dei palazzi di Hildebrant, von Gontard, Knobelsdorff o Unger dal metodo logico-analitico delle architetture di Schinkel e Persius. Il Settecento è il secolo della internazionalizzazione dell’architettura e la questione dell’imitazione nasce proprio da una disponibilità senza precedenti di modelli a cui fare riferimento: mai prima di allora si assiste ad una così ampia diffusione in Europa di libri e immagini di architettura e i progettisti – ma ancora più spesso i loro committenti – si confrontano per vie che esulano dalla frequentazione personale e dall’esperienza diretta delle opere: solo pochi conoscono perso- nalmente l’architettura italiana, quasi nessuno quella greca, ma molti ne hanno una conoscenza bibliografica, e, cosa ben più importante, iconografica. A testimonianza di questo fenomeno, comincia dal 1740 un rap- porto di Potsdam con l’Italia attraverso Federico il Grande, che in Italia non è mai andato – lo farà quasi un secolo dopo Federico Guglielmo IV – e assume i contorni di una operazione culturale di respiro internazionale che parte da Venezia e arriva a Berlino passando per Londra. È infatti a partire da una raccolta di incisioni di palazzi romani e di disegni di Palladio, ricevuti dal conte Algarotti e tramite Lord Burlington, che Federico II si innamora dell’Italia, e decide di trasformare l’architettura del suo rifugio d’elezione, l’avamposto mili- tare di Potsdam, in quella di una città rinascimentale italiana. I palazzi di Potsdam si collocano pienamente, in linea con l’estetica barocca, nell’ambito della copia di modelli, cioè della replica di architetture, o di parti di esse, già costruite altrove o anche solo disegnate: facciate di rappresentanza di celebri dimore nobiliari romane e palladiane vengono applicate, con valore puramente scenografico, a un tessuto di modeste case borghesi, mutandone radicalmente il carattere e il ruolo nella città. Il presente contributo ha come obiettivo un’analisi compositiva del rapporto tra copia e modello nel caso specifico di alcuni palazzi costruiti tra il 1752 e il 1776, ed esplicitamente riferiti a opere palladiane o del Rinascimento romano, cercando di mettere in discussione il rapporto tra costruzione e immagine dell’architettura della città, a partire da problemi come autenticità e mistificazione, regola ed eccezione, continuità e discontinuità nel tessuto urbano. Temi che, in costante riferimento all’architettura italiana, pongono le basi per la ricezione e l’elaborazione della nozione di tipo che con Friedrich Gilly e poi con Schinkel consentirà un uso dei riferimenti più aperto e progressivo, che porta dritto all’architettura moderna.

Vom Modell zum Typus: Potsdams italienische Palazzi und die architektonische Nachahmung / Dal modello al tipo: i palazzi “italiani” di Potsdam e la questione dell’imitazione in architettura / Malcovati, Silvia - In: Potsdam & Italien. Die Italienrezeption in der Potsdamer Baukultur / Potsdam e l'Italia. La memoria dell'Italia nell'immagine di Potsdam / Burg A., Caja M.. - STAMPA. - Potsdam : Potsdam School of Architecture / FHP, 2014. - ISBN 3934329705. - pp. 96-110

Vom Modell zum Typus: Potsdams italienische Palazzi und die architektonische Nachahmung / Dal modello al tipo: i palazzi “italiani” di Potsdam e la questione dell’imitazione in architettura

MALCOVATI, SILVIA
2014

Abstract

“(...) Il modello, inteso secondo la esecuzione pratica dell’arte, è un oggetto che si deve ripeter tal qual’è; il tipo è, per lo contrario, un oggetto, secondo il quale ognuno può concepire delle opere, che non si rassomiglieranno punto fra loro.Tutto è preciso e dato nel modello; tutto è più o men vago nel tipo". La definizione di Tipo fornita da Quatremère de Quincy nel 1832, rappresenta l’epilogo di quella che si potrebbe definire la questione dell’imitazione nell’architettura tra Settecento e Ottocento. Una questione che si consuma a Potsdam nell’arco di un secolo, quello che divide il regno di Federico II da quello di Federico Gugliemo IV, e si misura nella distanza che separa la copia filologica dei palazzi di Hildebrant, von Gontard, Knobelsdorff o Unger dal metodo logico-analitico delle architetture di Schinkel e Persius. Il Settecento è il secolo della internazionalizzazione dell’architettura e la questione dell’imitazione nasce proprio da una disponibilità senza precedenti di modelli a cui fare riferimento: mai prima di allora si assiste ad una così ampia diffusione in Europa di libri e immagini di architettura e i progettisti – ma ancora più spesso i loro committenti – si confrontano per vie che esulano dalla frequentazione personale e dall’esperienza diretta delle opere: solo pochi conoscono perso- nalmente l’architettura italiana, quasi nessuno quella greca, ma molti ne hanno una conoscenza bibliografica, e, cosa ben più importante, iconografica. A testimonianza di questo fenomeno, comincia dal 1740 un rap- porto di Potsdam con l’Italia attraverso Federico il Grande, che in Italia non è mai andato – lo farà quasi un secolo dopo Federico Guglielmo IV – e assume i contorni di una operazione culturale di respiro internazionale che parte da Venezia e arriva a Berlino passando per Londra. È infatti a partire da una raccolta di incisioni di palazzi romani e di disegni di Palladio, ricevuti dal conte Algarotti e tramite Lord Burlington, che Federico II si innamora dell’Italia, e decide di trasformare l’architettura del suo rifugio d’elezione, l’avamposto mili- tare di Potsdam, in quella di una città rinascimentale italiana. I palazzi di Potsdam si collocano pienamente, in linea con l’estetica barocca, nell’ambito della copia di modelli, cioè della replica di architetture, o di parti di esse, già costruite altrove o anche solo disegnate: facciate di rappresentanza di celebri dimore nobiliari romane e palladiane vengono applicate, con valore puramente scenografico, a un tessuto di modeste case borghesi, mutandone radicalmente il carattere e il ruolo nella città. Il presente contributo ha come obiettivo un’analisi compositiva del rapporto tra copia e modello nel caso specifico di alcuni palazzi costruiti tra il 1752 e il 1776, ed esplicitamente riferiti a opere palladiane o del Rinascimento romano, cercando di mettere in discussione il rapporto tra costruzione e immagine dell’architettura della città, a partire da problemi come autenticità e mistificazione, regola ed eccezione, continuità e discontinuità nel tessuto urbano. Temi che, in costante riferimento all’architettura italiana, pongono le basi per la ricezione e l’elaborazione della nozione di tipo che con Friedrich Gilly e poi con Schinkel consentirà un uso dei riferimenti più aperto e progressivo, che porta dritto all’architettura moderna.
2014
3934329705
Potsdam & Italien. Die Italienrezeption in der Potsdamer Baukultur / Potsdam e l'Italia. La memoria dell'Italia nell'immagine di Potsdam
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