A livello nazionale ed Europeo, i comparti che maggiormente contribuiscono all’aumento delle emissioni di gas serra sono quelli relativi alle industrie energetiche, ai trasporti e ai settori edile e dei rifiuti. In Europa, circa un quarto delle emissioni globali di gas serra è correlato al ciclo di vita del cibo e, nello specifico, il 18% di tali emissioni è attribuibile ai soli prodotti di origine animale. Osservando questi dati si comprende il motivo che ha portato negli ultimi anni a considerare il cibo non solo dal punto di vista nutrizionistico ma anche in termini ambientali. Se il cibo da un lato è la base della vita è altresì noto che la sua produzione e il suo consumo incidono in modo significativo sia sulle emissioni di gas serra che sul consumo di risorse naturali. Il settore agroalimentare necessita infatti di energia per la coltivazione della materia prima, per il suo trasporto sino agli impianti di lavorazione, per i processi di trasformazione, per le operazioni di conservazione, per il packaging, per la distribuzione sino ai punti vendita, nonché nella fase di consumo e smaltimento finale. Nello specifico, dalle filiere agroalimentari emergono scarti organici nelle fasi di produzione o post consumo, ma anche carta, cartone, plastiche, vetro o alluminio del packaging. Lo smaltimento della frazione organica derivante proprio dagli scarti di lavorazione delle filiere alimentari o dal suo mancato consumo rappresenta uno degli elementi cruciali nei sistemi integrati di gestione dei rifiuti solidi urbani. Sia a livello comunitario che nazionale, le analisi merceologiche hanno infatti evidenziato come oltre un terzo dei rifiuti sia costituito dalla frazione biodegradabile. Affinché possano essere attuate politiche di gestione razionali, diventa fondamentale lo smaltimento di questa quota, non solo per le importanti quantità coinvolte, ma anche per i problemi ambientali (produzione di biogas e percolato in primis) ad essa legati. Il continuo aumento della produzione mondiale di rifiuti solidi richiede pertanto strategie di gestione in grado di affrontare globalmente le problematiche ambientali connesse al loro smaltimento e che indirizzino la società verso azioni sostenibili nei confronti dell’ambiente e dell’uomo. La gestione dei RSU che scaturiscono dalle attività antropiche, causa infatti danni significativi per la salute umana (sia pubblica che dei lavoratori), gli ecosistemi e le risorse naturali. La diversificazione dei processi produttivi ha inoltre moltiplicato le tipologie dei rifiuti, generando impatti sempre più nocivi.

L’applicazione della metodologia LCA ai settori agroalimentare e della gestione dei rifiuti solidi urbani: aspetti metodologici e casi studio / Fantoni, Moris. - (2014).

L’applicazione della metodologia LCA ai settori agroalimentare e della gestione dei rifiuti solidi urbani: aspetti metodologici e casi studio

FANTONI, MORIS
2014

Abstract

A livello nazionale ed Europeo, i comparti che maggiormente contribuiscono all’aumento delle emissioni di gas serra sono quelli relativi alle industrie energetiche, ai trasporti e ai settori edile e dei rifiuti. In Europa, circa un quarto delle emissioni globali di gas serra è correlato al ciclo di vita del cibo e, nello specifico, il 18% di tali emissioni è attribuibile ai soli prodotti di origine animale. Osservando questi dati si comprende il motivo che ha portato negli ultimi anni a considerare il cibo non solo dal punto di vista nutrizionistico ma anche in termini ambientali. Se il cibo da un lato è la base della vita è altresì noto che la sua produzione e il suo consumo incidono in modo significativo sia sulle emissioni di gas serra che sul consumo di risorse naturali. Il settore agroalimentare necessita infatti di energia per la coltivazione della materia prima, per il suo trasporto sino agli impianti di lavorazione, per i processi di trasformazione, per le operazioni di conservazione, per il packaging, per la distribuzione sino ai punti vendita, nonché nella fase di consumo e smaltimento finale. Nello specifico, dalle filiere agroalimentari emergono scarti organici nelle fasi di produzione o post consumo, ma anche carta, cartone, plastiche, vetro o alluminio del packaging. Lo smaltimento della frazione organica derivante proprio dagli scarti di lavorazione delle filiere alimentari o dal suo mancato consumo rappresenta uno degli elementi cruciali nei sistemi integrati di gestione dei rifiuti solidi urbani. Sia a livello comunitario che nazionale, le analisi merceologiche hanno infatti evidenziato come oltre un terzo dei rifiuti sia costituito dalla frazione biodegradabile. Affinché possano essere attuate politiche di gestione razionali, diventa fondamentale lo smaltimento di questa quota, non solo per le importanti quantità coinvolte, ma anche per i problemi ambientali (produzione di biogas e percolato in primis) ad essa legati. Il continuo aumento della produzione mondiale di rifiuti solidi richiede pertanto strategie di gestione in grado di affrontare globalmente le problematiche ambientali connesse al loro smaltimento e che indirizzino la società verso azioni sostenibili nei confronti dell’ambiente e dell’uomo. La gestione dei RSU che scaturiscono dalle attività antropiche, causa infatti danni significativi per la salute umana (sia pubblica che dei lavoratori), gli ecosistemi e le risorse naturali. La diversificazione dei processi produttivi ha inoltre moltiplicato le tipologie dei rifiuti, generando impatti sempre più nocivi.
2014
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