L’energia solare rappresenta, per abbondanza e distribuzione geografica, la principale fonte rinnovabile. Per soddisfare la domanda energetica sempre più crescente, l’uomo ha sviluppato molteplici tecnologie fotovoltaiche negli ultimi decenni. La tecnologia al silicio ha aperto la strada del fotovoltaico, seguita dalla generazione di celle a film sottile, fino all’attuale terza generazione basata su materiali organici o ibridi organico/inorganico. Le celle sensibilizzate a colorante (dye-sensitized solar cells, DSSCs) rappresentano al giorno d’oggi, a 25 anni dalla loro invenzione, una tecnologia altamente promettente quando sono richieste, allo stesso tempo, buone efficienze e costi contenuti. Il dispositivo DSSC è costituito da materiali facilmente reperibili, quali vetri conduttivi, diossido di titanio, coppie redox, solventi organici, catalizzatori di riduzione. L’ingegnerizzazione dei materiali e delle interfacce di questa cella solare ha portato ad un recente record di efficienza, pari al 14.3%. Uno dei limiti del dispositivo DSSC è la presenza di un elettrolita liquido costituito da una coppia redox disciolta in un solvente organico. Quest’ultimo è solitamente acetonitrile, e rende la cella solare infiammabile, nonché caratterizzata da aspetti di tossicità non trascurabili qualora l’elettrolita fuoriesca dalla cella. Come soluzione al problema, la comunità scientifica ha recentemente iniziato a studiare DSSC acquose, ovvero celle solari dove l’unico solvente presente nell’elettrolita è l’acqua. Nonostante a primo impatto possa sembrare semplice sostituire il solvente di una DSSC, specialmente se si considera che non è un componente partecipe al meccanismo di funzionamento, l’introduzione dell’acqua nell’elettrolita comporta notevoli variazioni rispetto alla cella tradizionale. Innanzitutto, non è possibile utilizzare i tradizionali coloranti basati su complessi del rutenio, in quanto il loro legame con il diossido di titanio verrebbe istantaneamente idrolizzato dall’acqua. In secondo luogo, l’acqua è un solvente in grado di sciogliere quantità di sali molto maggiori rispetto all’acetonitrile, quindi occorre rivisitare completamente le formulazioni dei mediatori redox a base iodio oppure cobalto. Infine, la stabilità delle DSSCs rappresenta un aspetto cruciale, che in presenza di un elettrolita acquoso deve essere accuratamente studiata. In questo contributo, i recenti sviluppi nel campo delle DSSC acquose studiate presso il Politecnico di Torino e l’Università degli Studi di Torino vengono proposti.

Fotovoltaico acquoso: una nuova frontiera nel campo del solare / Bella, Federico; Galliano, S.; Viscardi, G.; Barolo, C.; Gerbaldi, Claudio. - STAMPA. - (2016), pp. 21-22. (Intervento presentato al convegno VII Convegno Giovani tenutosi a Rome (Italy) nel 14-15 Giugno 2016).

Fotovoltaico acquoso: una nuova frontiera nel campo del solare

BELLA, FEDERICO;GERBALDI, CLAUDIO
2016

Abstract

L’energia solare rappresenta, per abbondanza e distribuzione geografica, la principale fonte rinnovabile. Per soddisfare la domanda energetica sempre più crescente, l’uomo ha sviluppato molteplici tecnologie fotovoltaiche negli ultimi decenni. La tecnologia al silicio ha aperto la strada del fotovoltaico, seguita dalla generazione di celle a film sottile, fino all’attuale terza generazione basata su materiali organici o ibridi organico/inorganico. Le celle sensibilizzate a colorante (dye-sensitized solar cells, DSSCs) rappresentano al giorno d’oggi, a 25 anni dalla loro invenzione, una tecnologia altamente promettente quando sono richieste, allo stesso tempo, buone efficienze e costi contenuti. Il dispositivo DSSC è costituito da materiali facilmente reperibili, quali vetri conduttivi, diossido di titanio, coppie redox, solventi organici, catalizzatori di riduzione. L’ingegnerizzazione dei materiali e delle interfacce di questa cella solare ha portato ad un recente record di efficienza, pari al 14.3%. Uno dei limiti del dispositivo DSSC è la presenza di un elettrolita liquido costituito da una coppia redox disciolta in un solvente organico. Quest’ultimo è solitamente acetonitrile, e rende la cella solare infiammabile, nonché caratterizzata da aspetti di tossicità non trascurabili qualora l’elettrolita fuoriesca dalla cella. Come soluzione al problema, la comunità scientifica ha recentemente iniziato a studiare DSSC acquose, ovvero celle solari dove l’unico solvente presente nell’elettrolita è l’acqua. Nonostante a primo impatto possa sembrare semplice sostituire il solvente di una DSSC, specialmente se si considera che non è un componente partecipe al meccanismo di funzionamento, l’introduzione dell’acqua nell’elettrolita comporta notevoli variazioni rispetto alla cella tradizionale. Innanzitutto, non è possibile utilizzare i tradizionali coloranti basati su complessi del rutenio, in quanto il loro legame con il diossido di titanio verrebbe istantaneamente idrolizzato dall’acqua. In secondo luogo, l’acqua è un solvente in grado di sciogliere quantità di sali molto maggiori rispetto all’acetonitrile, quindi occorre rivisitare completamente le formulazioni dei mediatori redox a base iodio oppure cobalto. Infine, la stabilità delle DSSCs rappresenta un aspetto cruciale, che in presenza di un elettrolita acquoso deve essere accuratamente studiata. In questo contributo, i recenti sviluppi nel campo delle DSSC acquose studiate presso il Politecnico di Torino e l’Università degli Studi di Torino vengono proposti.
2016
9788868126858
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