Introduzione La ricerca si propone di capire la nascita e l'evoluzione dei musei legati alle manifatture di ceramica in Italia e in Francia al fine di comprendere come i nuovi concetti di patrimonio culturale e tecnologico, nati sul finire del XIX secolo, abbiano influenzato l’interesse verso i prodotti e le produzioni manifatturiere e la loro comunicazione al pubblico. Considerata la vastità dell’argomento si è deciso di circoscrivere lo studio al periodo che intercorre tra la nascita del primo museo di arte industriale francese -il Conservatoire des Arts et Métiers (1794)- fino alla fondazione del Musée Nissim de Camondo (1936). Quest’ultimo è un museo di arti decorative nato dalla donazione dell’attuale edificio -comprensivo di collezioni di ceramiche, orologi, mobili, tappezzerie e tappeti che si trovavano al suo interno- e per questo costituisce una circostanza emblematica in quanto originato da una collezione privata. Inoltre la nuova visione del progresso tecnologico come componente della cultura nazionale che inizia ad affermarsi nel XVIII secolo, porta all’apertura di esposizioni permanenti legate ai distretti produttivi dei manufatti originari del luogo. Le aree in cui nascono e si sviluppano le diverse realtà produttive -dalle manifatture reali alla produzione diffusa fino alle reti di artigiani- che si avviano all’industrializzazione sono gli stessi luoghi in cui mostrare, confrontare e insegnare storie artistiche e pratiche attraverso l’esposizione dei prodotti locali o provenienti da tempi e luoghi lontani. La produzione e l’esposizione degli oggetti in ceramica sono apparse le più adatte per spiegare tali processi sia dal punto di vista storico artistico ed espositivo sia da quello produttivo e didattico: l’ipotesi è che le collezioni possano essere fonte di ispirazione, per nuovi modelli e decorazioni oltre a garantirne la conservazione. La ricerca è suddivisa in due parti e sei capitoli in cui vengono comparate le due condizioni, francese e italiana, il cui legame più evidente è fornito dai continui e fruttuosi scambi tra Sèvres e Doccia attraverso le visite alle reciproche manifatture e una circolazione di idee e informazioni tra i direttori. La prima parte che comprende i primi cinque capitoli, è dedicata a diverse tipologie di musei in un percorso che vuole tentare di spiegare come dai musei nati durante l’Illuminismo si arrivi all’istituzione dei musei di manifattura. Il primo capitolo è dedicato alla nascita, in periodo illuminista, dei musei aperti al pubblico, manifestazione della vocazione educativa e pubblica del museo. Nel secondo capitolo si continua con l’analisi dei musei di storia, raccolte di oggetti che raccontano le vicende della città e della nazione, nati dalla nuova concezione di patrimonio in Francia e in Italia, che prima era riferito alle sole arti “alte”, pittoriche e scultoree, e ora anche alle testimonianze fornite delle arti applicate e degli oggetti d’uso: si inizia così a parlare di musei storici in Francia e civici in Italia. Il terzo capitolo si concentra sui musei di arte decorativa, nati da sezioni dedicate all’interno dei musei storici. Le arti decorative necessitano di spazio e di personale competente capace di catalogare e restaurare, di luoghi che permettano di poterle contestualizzare, vista lo loro stretta relazione con il territorio, soprattutto in Italia in cui le arti decorative variano molto da regione a regione. Il quarto capitolo è dedicato ai musei tecnico-artistici la cui origine risale alla seconda metà del XVIII secolo con l’obiettivo di mostrare i processi produttivi. Da queste intenzioni nascono, soprattutto nella seconda metà del XIX secolo, i musei industriali concepiti come luogo di formazione e come vetrina delle principali acquisizioni di macchinari e tecnologie: una sorta di esposizione permanente che fa del museo un organismo dinamico. L’ultimo capitolo della prima parte della ricerca esplora il tema dei musei legati alle manifatture e alle scuole professionali. Si assiste fin dalla prima metà del XIX secolo alla nascita di scuole a vocazione professionale con l’obiettivo di fornire agli allievi gli strumenti necessari per poter lavorare all’interno delle manifatture. Il museo diventa il mezzo di istruzione per l’insegnamento del gusto e delle tecniche di lavorazione per i futuri addetti. La seconda parte è dedicata a due casi studio, uno italiano e l’altro francese: quello del Museo Internazionale delle ceramiche in Faenza e quello di Sèvres Cité de la Céramique. Le due vicende sono state scelte come esempi di manifatture che hanno contribuito alla diffusione del gusto, di modi produttivi ma, soprattutto, alla progressiva acquisizione del patrimonio manifatturiero nell’alveo dei beni culturali. Mentre nei casi precedenti il metodo d’indagine si è basato prevalentemente sulla ricerca bibliografica, per il caso studio francese è stata fatta un’indagine nell’archivio della Manifattura e del Museo di Sèvres, in occasione di un periodo di permanenza presso l’Université Paris 1 - Sorbonne, consultando documenti storici relativi agli artigiani e ai prodotti, alcuni dei quali sono stati presi come esempio di modelli o risultati dell’evoluzione delle tecniche e delle forme nel tentativo di stabilire una relazione tra collezioni e produzione. L’obiettivo della ricerca è quello di indagare, accentuando la circolazione dei modelli teorici, le ragioni di sistemi complessi che includono gli studi storici necessari all’allestimento scientifico, l’innovazione tecnologica e la “didattica” diretta e indiretta di entrambi. Ulteriori sbocchi potranno così affrontare lo studio dei modi di trasmissione di idee e di pratiche, di processi culturali, artistici e produttivi nella logica del patrimonio culturale.

I musei di arte decorativa e di manifattura in Italia e in Francia: artefatti e manufatti come beni culturali (1794-1936) / Rinarelli, Sara. - (2016). [10.6092/polito/porto/2652786]

I musei di arte decorativa e di manifattura in Italia e in Francia: artefatti e manufatti come beni culturali (1794-1936)

RINARELLI, SARA
2016

Abstract

Introduzione La ricerca si propone di capire la nascita e l'evoluzione dei musei legati alle manifatture di ceramica in Italia e in Francia al fine di comprendere come i nuovi concetti di patrimonio culturale e tecnologico, nati sul finire del XIX secolo, abbiano influenzato l’interesse verso i prodotti e le produzioni manifatturiere e la loro comunicazione al pubblico. Considerata la vastità dell’argomento si è deciso di circoscrivere lo studio al periodo che intercorre tra la nascita del primo museo di arte industriale francese -il Conservatoire des Arts et Métiers (1794)- fino alla fondazione del Musée Nissim de Camondo (1936). Quest’ultimo è un museo di arti decorative nato dalla donazione dell’attuale edificio -comprensivo di collezioni di ceramiche, orologi, mobili, tappezzerie e tappeti che si trovavano al suo interno- e per questo costituisce una circostanza emblematica in quanto originato da una collezione privata. Inoltre la nuova visione del progresso tecnologico come componente della cultura nazionale che inizia ad affermarsi nel XVIII secolo, porta all’apertura di esposizioni permanenti legate ai distretti produttivi dei manufatti originari del luogo. Le aree in cui nascono e si sviluppano le diverse realtà produttive -dalle manifatture reali alla produzione diffusa fino alle reti di artigiani- che si avviano all’industrializzazione sono gli stessi luoghi in cui mostrare, confrontare e insegnare storie artistiche e pratiche attraverso l’esposizione dei prodotti locali o provenienti da tempi e luoghi lontani. La produzione e l’esposizione degli oggetti in ceramica sono apparse le più adatte per spiegare tali processi sia dal punto di vista storico artistico ed espositivo sia da quello produttivo e didattico: l’ipotesi è che le collezioni possano essere fonte di ispirazione, per nuovi modelli e decorazioni oltre a garantirne la conservazione. La ricerca è suddivisa in due parti e sei capitoli in cui vengono comparate le due condizioni, francese e italiana, il cui legame più evidente è fornito dai continui e fruttuosi scambi tra Sèvres e Doccia attraverso le visite alle reciproche manifatture e una circolazione di idee e informazioni tra i direttori. La prima parte che comprende i primi cinque capitoli, è dedicata a diverse tipologie di musei in un percorso che vuole tentare di spiegare come dai musei nati durante l’Illuminismo si arrivi all’istituzione dei musei di manifattura. Il primo capitolo è dedicato alla nascita, in periodo illuminista, dei musei aperti al pubblico, manifestazione della vocazione educativa e pubblica del museo. Nel secondo capitolo si continua con l’analisi dei musei di storia, raccolte di oggetti che raccontano le vicende della città e della nazione, nati dalla nuova concezione di patrimonio in Francia e in Italia, che prima era riferito alle sole arti “alte”, pittoriche e scultoree, e ora anche alle testimonianze fornite delle arti applicate e degli oggetti d’uso: si inizia così a parlare di musei storici in Francia e civici in Italia. Il terzo capitolo si concentra sui musei di arte decorativa, nati da sezioni dedicate all’interno dei musei storici. Le arti decorative necessitano di spazio e di personale competente capace di catalogare e restaurare, di luoghi che permettano di poterle contestualizzare, vista lo loro stretta relazione con il territorio, soprattutto in Italia in cui le arti decorative variano molto da regione a regione. Il quarto capitolo è dedicato ai musei tecnico-artistici la cui origine risale alla seconda metà del XVIII secolo con l’obiettivo di mostrare i processi produttivi. Da queste intenzioni nascono, soprattutto nella seconda metà del XIX secolo, i musei industriali concepiti come luogo di formazione e come vetrina delle principali acquisizioni di macchinari e tecnologie: una sorta di esposizione permanente che fa del museo un organismo dinamico. L’ultimo capitolo della prima parte della ricerca esplora il tema dei musei legati alle manifatture e alle scuole professionali. Si assiste fin dalla prima metà del XIX secolo alla nascita di scuole a vocazione professionale con l’obiettivo di fornire agli allievi gli strumenti necessari per poter lavorare all’interno delle manifatture. Il museo diventa il mezzo di istruzione per l’insegnamento del gusto e delle tecniche di lavorazione per i futuri addetti. La seconda parte è dedicata a due casi studio, uno italiano e l’altro francese: quello del Museo Internazionale delle ceramiche in Faenza e quello di Sèvres Cité de la Céramique. Le due vicende sono state scelte come esempi di manifatture che hanno contribuito alla diffusione del gusto, di modi produttivi ma, soprattutto, alla progressiva acquisizione del patrimonio manifatturiero nell’alveo dei beni culturali. Mentre nei casi precedenti il metodo d’indagine si è basato prevalentemente sulla ricerca bibliografica, per il caso studio francese è stata fatta un’indagine nell’archivio della Manifattura e del Museo di Sèvres, in occasione di un periodo di permanenza presso l’Université Paris 1 - Sorbonne, consultando documenti storici relativi agli artigiani e ai prodotti, alcuni dei quali sono stati presi come esempio di modelli o risultati dell’evoluzione delle tecniche e delle forme nel tentativo di stabilire una relazione tra collezioni e produzione. L’obiettivo della ricerca è quello di indagare, accentuando la circolazione dei modelli teorici, le ragioni di sistemi complessi che includono gli studi storici necessari all’allestimento scientifico, l’innovazione tecnologica e la “didattica” diretta e indiretta di entrambi. Ulteriori sbocchi potranno così affrontare lo studio dei modi di trasmissione di idee e di pratiche, di processi culturali, artistici e produttivi nella logica del patrimonio culturale.
2016
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