Una distinzione di parole, e un modo di abitare. Con l’inizio del secondo dopoguerra, una parola si profila sulla scena, forse non nuova in sé, ma nuova nell’applicazione che le si vorrà dare. Habitat. Ora, non si può dire che si formi ed istituzionalizzi un gruppo, un luogo, un organismo fin da subito consacrato all’esclusiva ricerca e progettazione di un habitat per l’uomo; ma si rileva un riscaldamento delle attenzioni, una variazione d’onda riguardo alla possibilità, alla necessità di una soluzione, per quel mondo appena lasciato distrutto, in maggioranza senza casa e con in mano spesso solo la consapevolezza dei fallimenti e dei pericoli della Modernità. Il Moderno, il sogno dell’offerta di un housing, di un tetto, e di tutto il Minimum da cui cominciare una vita sana, efficiente, garantita da una convinta ricetta illuminista, sono messi in questione. La società ha degli elementi costitutivi, dei dati relazionali che ne costituiscono un continuo presente ed è a queste dinamiche che si dice di voler rivolgere attenzioni, voler dare una casa. Nel 1953 il CIAM di Aix–en–Provence tenta di oltrepassare gli enunciati della Carta di Atene con la stesura di una Charte de l’habitat; nel 1976 le Nazioni Unite, superata la fase di un’unità tecnica espressamente dedicata all’housing, consacrano con la Conferenza di Vancouver l’attività e rilevanza della nascente UN Habitat. Nel lasso di tempo che pare separare nell’incomunicabilità questi due episodi sta in realtà uno dei processi più complessi di apertura e ridefinizione di riflessioni, pratiche e posizionamenti dell’architettura rispetto all’abitare umano. Tale processo converge attorno alla costruzione del significato di una parola, il termine habitat, e alle implicazioni di tale processo “costruttivo”. La tesi esplora una fase cruciale nella formazione del concetto di habitat entro il dibattito architettonico europeo e americano del secondo dopoguerra. Di habitat non viene ricostruita la genesi verbale per poter formulare una nuova definizione: viene invece seguita la sua dimensione di concetto operativo, che si forma attraverso un processo relazionale tra contesti culturali e professionali distinti, nella ricerca di un’incisività sul reale che prende forma nella costante connessione con l’attività delle Nazioni Unite nel campo dell’insediamento umano. Habitat è segno di uno shift, uno scarto epistemologico, metodologico e operativo che testimonia lo spostamento da un’epoca di manifesti a una di reti non istituzionalizzate, per condurre a un’altra fase di istituzionalizzazione dei concetti: tre quadri operativi dove la costruzione di reti ha una valenza forte, studiata di volta in volta attraverso punti nodali quali i CIAM postbellici (1947-59), i Delos Symposia (1963-74), l’azione delle Nazioni Unite fino alla conferenza Habitat I (1948-1976).

The H word. Riflessioni e reti globali attorno al concetto di habitat, a partire dalla crisi del Moderno. 1945-1976. / The H word. Reflections and global networks around the concept of Habitat, from the Crisis of Modern. 1945-1976 / Comoglio, Giovanni. - (2016).

The H word. Riflessioni e reti globali attorno al concetto di habitat, a partire dalla crisi del Moderno. 1945-1976. / The H word. Reflections and global networks around the concept of Habitat, from the Crisis of Modern. 1945-1976.

COMOGLIO, GIOVANNI
2016

Abstract

Una distinzione di parole, e un modo di abitare. Con l’inizio del secondo dopoguerra, una parola si profila sulla scena, forse non nuova in sé, ma nuova nell’applicazione che le si vorrà dare. Habitat. Ora, non si può dire che si formi ed istituzionalizzi un gruppo, un luogo, un organismo fin da subito consacrato all’esclusiva ricerca e progettazione di un habitat per l’uomo; ma si rileva un riscaldamento delle attenzioni, una variazione d’onda riguardo alla possibilità, alla necessità di una soluzione, per quel mondo appena lasciato distrutto, in maggioranza senza casa e con in mano spesso solo la consapevolezza dei fallimenti e dei pericoli della Modernità. Il Moderno, il sogno dell’offerta di un housing, di un tetto, e di tutto il Minimum da cui cominciare una vita sana, efficiente, garantita da una convinta ricetta illuminista, sono messi in questione. La società ha degli elementi costitutivi, dei dati relazionali che ne costituiscono un continuo presente ed è a queste dinamiche che si dice di voler rivolgere attenzioni, voler dare una casa. Nel 1953 il CIAM di Aix–en–Provence tenta di oltrepassare gli enunciati della Carta di Atene con la stesura di una Charte de l’habitat; nel 1976 le Nazioni Unite, superata la fase di un’unità tecnica espressamente dedicata all’housing, consacrano con la Conferenza di Vancouver l’attività e rilevanza della nascente UN Habitat. Nel lasso di tempo che pare separare nell’incomunicabilità questi due episodi sta in realtà uno dei processi più complessi di apertura e ridefinizione di riflessioni, pratiche e posizionamenti dell’architettura rispetto all’abitare umano. Tale processo converge attorno alla costruzione del significato di una parola, il termine habitat, e alle implicazioni di tale processo “costruttivo”. La tesi esplora una fase cruciale nella formazione del concetto di habitat entro il dibattito architettonico europeo e americano del secondo dopoguerra. Di habitat non viene ricostruita la genesi verbale per poter formulare una nuova definizione: viene invece seguita la sua dimensione di concetto operativo, che si forma attraverso un processo relazionale tra contesti culturali e professionali distinti, nella ricerca di un’incisività sul reale che prende forma nella costante connessione con l’attività delle Nazioni Unite nel campo dell’insediamento umano. Habitat è segno di uno shift, uno scarto epistemologico, metodologico e operativo che testimonia lo spostamento da un’epoca di manifesti a una di reti non istituzionalizzate, per condurre a un’altra fase di istituzionalizzazione dei concetti: tre quadri operativi dove la costruzione di reti ha una valenza forte, studiata di volta in volta attraverso punti nodali quali i CIAM postbellici (1947-59), i Delos Symposia (1963-74), l’azione delle Nazioni Unite fino alla conferenza Habitat I (1948-1976).
2016
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