Sono passati quasi vent’anni da quando nell’aprile del 1997 si è tenuta a Zurigo la prima mostra Giorgio Grassi. Drei Museen, che esponeva i progetti per l’ampliamento del Neues Museum a Berlino, per il Felix-Nussbaum Haus a Osnabrück e per il Wallraf-Richartz-Museum a Köln. La mostra è poi stata a Delft e a Berlino (1998), per diventare nel 1990, a Napoli, Giorgio Grassi. Quattro musei, con l’aggiunta della Kunstahalle Adolf-Würth a Schwäbisch Hall. Ho avuto la fortuna lavorare nello studio di Giorgio Grassi, con qualche interruzione, dal 1993 al 2004 e di aver contribuito a ideare e curare dall’origine questa mostra, che riflette in gran parte la mia esperienza di collaborazione, cominciata nel 1993, in occasione del concorso per la Museumsinsel e continuata attraverso una serie di altri progetti, molti dei quali legati, più o meno direttamente, al tema del museo. Molti dei pensieri espressi, da qui in poi, riprendono gli appunti della presentazione della mostra a Berlino, da me tenuta, in assenza del maestro, il 17 aprile 1998. Mi è sembrata, infatti, già allora, un’occasione molto particolare, forse unica – e per questo degna di essere raccontata attraverso una mostra – quella di poter lavorare in luoghi e condizioni estremamente diversi, confrontandosi con esigenze funzionali e rappresentative diverse, sempre sullo stesso tema, quello del museo. Un’occasione particolarmente significativa soprattutto all’interno di un metodo di lavoro come quello di Grassi, che da sempre cerca nel progetto la continuità e la coerenza con l’esperienza dell’architettura nel tempo, attraverso la ricerca costante e paziente sugli elementi e sulle forme dell’architettura, sulle variazioni tipologiche e sulla loro espressione volumetrica, per arrivare a definire degli edifici che sono sempre gli stessi e sempre diversi. Come ha scritto Juan José Lahuerta nella sua introduzione al volume Giorgio Grassi. Le opere, gli scritti nel 1996, «quando parliamo dei progetti di Giorgio Grassi diventa difficile dare un senso a questo plurale: tutti i suoi progetti sono un unico progetto». È una definizione molto bella, secondo me, che sintetizza e spiega con chiarezza tutto lo straordinario sforzo di riduzione cui Giorgio Grassi sottopone il processo del progetto, la cui realtà d’a- zione non ha punti d’appoggio esterni, non ha interessi dichiarati al di fuori della disciplina dell’architettura. E come l’architettura appare nel suo complesso un fatto unitario, legato dal filo ininterrotto della tradizione, così ogni singolo progetto di Giorgio Grassi non è che un momento di una sola ricerca che si misura costante- mente con la storia per costruire l’architettura del presente

La sorpresa dell'architettura razionale / Michele, Caja; Malcovati, Silvia; Vittorio, Uccelli - In: Giorgio Grassi. Disegni scelti 1966-2004 / Michele Caja, Silvia Malcovati, Vittorio Uccelli. - STAMPA. - Firenze : AIÓN EDIZIONI, 2016. - ISBN 978-88-98262-37-3. - pp. 16-21

La sorpresa dell'architettura razionale.

MALCOVATI, SILVIA;
2016

Abstract

Sono passati quasi vent’anni da quando nell’aprile del 1997 si è tenuta a Zurigo la prima mostra Giorgio Grassi. Drei Museen, che esponeva i progetti per l’ampliamento del Neues Museum a Berlino, per il Felix-Nussbaum Haus a Osnabrück e per il Wallraf-Richartz-Museum a Köln. La mostra è poi stata a Delft e a Berlino (1998), per diventare nel 1990, a Napoli, Giorgio Grassi. Quattro musei, con l’aggiunta della Kunstahalle Adolf-Würth a Schwäbisch Hall. Ho avuto la fortuna lavorare nello studio di Giorgio Grassi, con qualche interruzione, dal 1993 al 2004 e di aver contribuito a ideare e curare dall’origine questa mostra, che riflette in gran parte la mia esperienza di collaborazione, cominciata nel 1993, in occasione del concorso per la Museumsinsel e continuata attraverso una serie di altri progetti, molti dei quali legati, più o meno direttamente, al tema del museo. Molti dei pensieri espressi, da qui in poi, riprendono gli appunti della presentazione della mostra a Berlino, da me tenuta, in assenza del maestro, il 17 aprile 1998. Mi è sembrata, infatti, già allora, un’occasione molto particolare, forse unica – e per questo degna di essere raccontata attraverso una mostra – quella di poter lavorare in luoghi e condizioni estremamente diversi, confrontandosi con esigenze funzionali e rappresentative diverse, sempre sullo stesso tema, quello del museo. Un’occasione particolarmente significativa soprattutto all’interno di un metodo di lavoro come quello di Grassi, che da sempre cerca nel progetto la continuità e la coerenza con l’esperienza dell’architettura nel tempo, attraverso la ricerca costante e paziente sugli elementi e sulle forme dell’architettura, sulle variazioni tipologiche e sulla loro espressione volumetrica, per arrivare a definire degli edifici che sono sempre gli stessi e sempre diversi. Come ha scritto Juan José Lahuerta nella sua introduzione al volume Giorgio Grassi. Le opere, gli scritti nel 1996, «quando parliamo dei progetti di Giorgio Grassi diventa difficile dare un senso a questo plurale: tutti i suoi progetti sono un unico progetto». È una definizione molto bella, secondo me, che sintetizza e spiega con chiarezza tutto lo straordinario sforzo di riduzione cui Giorgio Grassi sottopone il processo del progetto, la cui realtà d’a- zione non ha punti d’appoggio esterni, non ha interessi dichiarati al di fuori della disciplina dell’architettura. E come l’architettura appare nel suo complesso un fatto unitario, legato dal filo ininterrotto della tradizione, così ogni singolo progetto di Giorgio Grassi non è che un momento di una sola ricerca che si misura costante- mente con la storia per costruire l’architettura del presente
2016
978-88-98262-37-3
Giorgio Grassi. Disegni scelti 1966-2004
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