La vulnerabilità di buona parte del nostro patrimonio storico edilizio è ritornata di drammatica attualità dopo gli ultimi disastrosi terremoti che hanno interessato il centro Italia, con il collasso e la distruzione dell’edificato di interi ambiti insediativi dai caratteri peculiari. Ad ogni storica constatazione di vulnerabilità sismica del nostro patrimonio edilizio corrisponde una intensa ricerca di sistemi e criteri antisismici maggiormente efficaci, e di norme urbanistico-edilizie in grado di attenuare il rischio o prevenire i danni più rilevanti a uomini e costruzioni. Molte meno energie vengono storicamente dedicate ad investigare se le cause dei crolli siano da ascrivere a non conformità normativa e costruttiva e se il pieno rispetto delle prescrizioni abbia invece positivamente collaudato i criteri costruttivi e normativi, preferendo l’introduzione di discontinuità normative e tipologiche in luogo della continuità nella verifica dei magisteri costruttivi. Per chi percorre la storia del costruito assume grande interesse lo studio dei sistemi costruttivi “vernacolari” basati sull’impiego di ossatura lignea, impiegati in diversi ambiti italiani e i cui primi esempi risalgono in taluni casi all’epoca romana o addirittura precedente. Di particolare rilievo appaiono le cosiddette case baraccate “alla beneventana”, adottate in Campania dopo il terremoto del 1627, o le case baraccate di epoca borbonica sistematizzate in una ben precisa tipologia dopo il terremoto delle Calabrie del 1783, per il loro favorevole comportamento alle sollecitazioni sismiche, comportamento collaudato nella catastrofe di Messina del 1908. Proprio dopo il terremoto di Messina, la spinta generalizzata nell’uso di sistemi costruttivi brevettati in calcestruzzo armato unita ad impulsi di natura economica nel settore delle costruzioni, fecero preferire, nella ricostruzione, la sostituzione della casa baraccata con quella in calcestruzzo, nonostante il collasso di alcuni edifici con ossatura in calcestruzzo armato. Volontà politiche e normative, indotte da fattori economici che appaiono prevalere sui fattori costruttivi, tendono spesso a privilegiare l’impiego di tecniche e sistemi che possono essere facilmente ricondotti ad un modello teorico, piuttosto che mantenere vive delle competenze locali che la realtà ha dimostrato tradursi in tecniche efficaci, sostenibili e legate alla memoria storica dei luoghi.

Sistemi costruttivi antisismici storici in Italia: magistero costruttivo e sperimentazione normativa. Alcune note di confronto critico / Piantanida, Paolo; Mele, Caterina. - ELETTRONICO. - SG03:(2017), pp. 89-94. (Intervento presentato al convegno XVII Convegno ANIDIS "L'ingegneria sismica in Italia" tenutosi a Pistoia nel 17-21 settembre 2017).

Sistemi costruttivi antisismici storici in Italia: magistero costruttivo e sperimentazione normativa. Alcune note di confronto critico

Paolo Piantanida;Caterina Mele
2017

Abstract

La vulnerabilità di buona parte del nostro patrimonio storico edilizio è ritornata di drammatica attualità dopo gli ultimi disastrosi terremoti che hanno interessato il centro Italia, con il collasso e la distruzione dell’edificato di interi ambiti insediativi dai caratteri peculiari. Ad ogni storica constatazione di vulnerabilità sismica del nostro patrimonio edilizio corrisponde una intensa ricerca di sistemi e criteri antisismici maggiormente efficaci, e di norme urbanistico-edilizie in grado di attenuare il rischio o prevenire i danni più rilevanti a uomini e costruzioni. Molte meno energie vengono storicamente dedicate ad investigare se le cause dei crolli siano da ascrivere a non conformità normativa e costruttiva e se il pieno rispetto delle prescrizioni abbia invece positivamente collaudato i criteri costruttivi e normativi, preferendo l’introduzione di discontinuità normative e tipologiche in luogo della continuità nella verifica dei magisteri costruttivi. Per chi percorre la storia del costruito assume grande interesse lo studio dei sistemi costruttivi “vernacolari” basati sull’impiego di ossatura lignea, impiegati in diversi ambiti italiani e i cui primi esempi risalgono in taluni casi all’epoca romana o addirittura precedente. Di particolare rilievo appaiono le cosiddette case baraccate “alla beneventana”, adottate in Campania dopo il terremoto del 1627, o le case baraccate di epoca borbonica sistematizzate in una ben precisa tipologia dopo il terremoto delle Calabrie del 1783, per il loro favorevole comportamento alle sollecitazioni sismiche, comportamento collaudato nella catastrofe di Messina del 1908. Proprio dopo il terremoto di Messina, la spinta generalizzata nell’uso di sistemi costruttivi brevettati in calcestruzzo armato unita ad impulsi di natura economica nel settore delle costruzioni, fecero preferire, nella ricostruzione, la sostituzione della casa baraccata con quella in calcestruzzo, nonostante il collasso di alcuni edifici con ossatura in calcestruzzo armato. Volontà politiche e normative, indotte da fattori economici che appaiono prevalere sui fattori costruttivi, tendono spesso a privilegiare l’impiego di tecniche e sistemi che possono essere facilmente ricondotti ad un modello teorico, piuttosto che mantenere vive delle competenze locali che la realtà ha dimostrato tradursi in tecniche efficaci, sostenibili e legate alla memoria storica dei luoghi.
2017
978-886741-8541
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