Era da tempo che ci si riprometteva di colmare un’indubbia lacuna: la mancanza di una guida ragionata ai fondi dell’Archivio mauriziano – preziosissimi per la loro capacità di supportare la ricerca su natura, istituzione, organizzazione e decadenza – di quella straordinaria forma di gestione patrimoniale, con sostanziali ricadute territoriali che, inizialmente nota come Sacra Religione dei Santi Maurizio e Lazzaro, è poi proseguita sotto la dizione abbreviata di Ordine Mauriziano. Un ordine, per metà religioso e per metà cavalleresco, secondo per importanza solo all’Ordine della Santissima Annunziata, che rappresentò non solo l’orgoglio di Casa Savoia, ma un indubbio calmiere economico per la casata nei suoi rapporti con l’amministrazione dello Stato. L’istituzione fu preminentemente modello di carità e di assistenza, prima nella forma del sollievo ai lebbrosi, eredità della costola lazzarina, con maladières e ricoveri distribuiti in vari luoghi e poi ricondotti al grande lebbrosario di San Remo, indi e in parallelo con un’assistenza propriamente sanitaria agli affetti da altri morbi, ospitati in nosocomi moderni, d’eccellenza prima che il termine assumesse la connotazione attuale. Ordinati, puliti, con un personale – i cosiddetti “ufficiali della medicina” (medico, chirurgo e farmacista) – scelto tra i professionisti più quotati, dal tenore che nelle prescrizioni carloalbertine deve «ove possibile sfiorare il lusso» gli ospedali mauriziani sono precocemente luoghi ambiti di ricovero, riconosciute machines à guérir – nella celebre definizione di Foucault – e non solo ambito di segregazione e, come avveniva troppo spesso, di decesso. Sarebbe tuttavia assai riduttivo ricondurre la storia di cinque secoli di funzionamento dell’Ordine alla sola questione assistenziale, per quanto di primaria importanza; la funzione ospedaliera non avrebbe potuto essere svolta con tanta compenda e dispendio di risorse se non fosse stata anche supportata da un adeguato patrimonio, rappresentato oltre che da lasciti e liberalità, anche da un articolato sistema di imponenti commende. Erano queste innanzitutto rappresentate dalle cosiddette “di libera collazione”, che costituivano l’ossatura patrimoniale di dotazione dell’Ordine (a cominciare da quelle del primigenio Ordine ospedaliero di San Lazzaro, registrate nel fondo Commende della Religione di S. Lazzaro, con documentazione per gli estremi 1142-1864) che non sono estranee alle esigenze familiari del Gran Maestro ossia il sovrano sabaudo, essendo impiegate in toto o in parte per riassetti interni, doti, rendite e benefizi per rami collaterali e figli naturali, mentre porzioni di queste, i “tenimenti” possono costituire ricca ricompensa per servigi resi al sovrano, indennizzi e “merce di scambio”, secondo logiche ben precise e al tempo stesso versatili che abbiamo già avuto modo di mettere in luce in altra sede.

GUIDA RAGIONATA AI FONDI D E L L ’A R C H I V I O STORICO DELL’ORDINE MAURIZIANO. Documenti, disegni, materiali per la storia dell’istituzione e del suo patrimonio architettonico e territoriale / Cristina, Erika; Devoti, Chiara; Scalon, Cristina. - ELETTRONICO. - (2017), pp. 1-247. [10.26344/CSP.FOM.PT]

GUIDA RAGIONATA AI FONDI D E L L ’A R C H I V I O STORICO DELL’ORDINE MAURIZIANO. Documenti, disegni, materiali per la storia dell’istituzione e del suo patrimonio architettonico e territoriale

Chiara Devoti;
2017

Abstract

Era da tempo che ci si riprometteva di colmare un’indubbia lacuna: la mancanza di una guida ragionata ai fondi dell’Archivio mauriziano – preziosissimi per la loro capacità di supportare la ricerca su natura, istituzione, organizzazione e decadenza – di quella straordinaria forma di gestione patrimoniale, con sostanziali ricadute territoriali che, inizialmente nota come Sacra Religione dei Santi Maurizio e Lazzaro, è poi proseguita sotto la dizione abbreviata di Ordine Mauriziano. Un ordine, per metà religioso e per metà cavalleresco, secondo per importanza solo all’Ordine della Santissima Annunziata, che rappresentò non solo l’orgoglio di Casa Savoia, ma un indubbio calmiere economico per la casata nei suoi rapporti con l’amministrazione dello Stato. L’istituzione fu preminentemente modello di carità e di assistenza, prima nella forma del sollievo ai lebbrosi, eredità della costola lazzarina, con maladières e ricoveri distribuiti in vari luoghi e poi ricondotti al grande lebbrosario di San Remo, indi e in parallelo con un’assistenza propriamente sanitaria agli affetti da altri morbi, ospitati in nosocomi moderni, d’eccellenza prima che il termine assumesse la connotazione attuale. Ordinati, puliti, con un personale – i cosiddetti “ufficiali della medicina” (medico, chirurgo e farmacista) – scelto tra i professionisti più quotati, dal tenore che nelle prescrizioni carloalbertine deve «ove possibile sfiorare il lusso» gli ospedali mauriziani sono precocemente luoghi ambiti di ricovero, riconosciute machines à guérir – nella celebre definizione di Foucault – e non solo ambito di segregazione e, come avveniva troppo spesso, di decesso. Sarebbe tuttavia assai riduttivo ricondurre la storia di cinque secoli di funzionamento dell’Ordine alla sola questione assistenziale, per quanto di primaria importanza; la funzione ospedaliera non avrebbe potuto essere svolta con tanta compenda e dispendio di risorse se non fosse stata anche supportata da un adeguato patrimonio, rappresentato oltre che da lasciti e liberalità, anche da un articolato sistema di imponenti commende. Erano queste innanzitutto rappresentate dalle cosiddette “di libera collazione”, che costituivano l’ossatura patrimoniale di dotazione dell’Ordine (a cominciare da quelle del primigenio Ordine ospedaliero di San Lazzaro, registrate nel fondo Commende della Religione di S. Lazzaro, con documentazione per gli estremi 1142-1864) che non sono estranee alle esigenze familiari del Gran Maestro ossia il sovrano sabaudo, essendo impiegate in toto o in parte per riassetti interni, doti, rendite e benefizi per rami collaterali e figli naturali, mentre porzioni di queste, i “tenimenti” possono costituire ricca ricompensa per servigi resi al sovrano, indennizzi e “merce di scambio”, secondo logiche ben precise e al tempo stesso versatili che abbiamo già avuto modo di mettere in luce in altra sede.
2017
978-88-8262-268-8
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11583/2700096