Il patrimonio si trova per sua stessa natura in una condizione di elevato degrado potenziale sia per opera di eventi catastrofici occasionali, sia di fenomeni ad azione continuativa nel tempo che hanno conseguenze distruttive su di esso. Per realizzare pienamente l’attività di tutela nei confronti dei beni culturali è dunque di primaria importanza individuare quali siano gli agenti aggressivi la cui azione ne mette a rischio la conservazione, per contenerli, ridurli e, quando possibile, annullarli. Sebbene l’interesse nei confronti della preparazione ai disastri venga rinnovato puntualmente dopo il verificarsi di ogni catastrofe, finora molto poco è stato stabilito a livello formale per il patrimonio culturale, che viene raramente menzionato nei piani di emergenza territoriale e che risulta ancora privo di una vera e propria strategia di intervento condivisa a livello internazionale. Nonostante la mancanza di linee di indirizzo precise e riconosciute, molti studi recenti hanno approcciato l’argo- mento, proponendo l’impiego di strumenti innovativi per il rilievo e l’analisi dei rischi e degli impatti insistenti sui beni culturali. Il tema della gestione del rischio nei beni culturali ha negli ultimi anni assunto sempre maggior importanza nel dibattito scientifico internazionale. Primo fra tutti l’UNESCO, si è impegnato nella formulazione di linee guida e raccomandazioni per garantire una tutela reale ed attiva nei confronti dei siti iscritti nella Lista del Patrimonio Mondiale e di una metodologia di intervento, denominata Disaster Risk Management Cycle. I principi chiave di questa metodologia sono: – la prevenzione o riduzione degli impatti che i disastri possono provocare sui beni culturali, sul territorio circostante e sulla popolazione, nell’ottica metodologica della conservazione preventiva; – la conservazione del valore universale (OUV – Outstanding Universal Value) che ne ha giustifi- cato l’iscrizione nella Lista del Patrimonio Mondiale; – lo studio dei fattori che possono incrementare la vulnerabilità intrinseca del sito e di strategie per la sua riduzione; – l’analisi dell’adeguatezza delle misure di protezione in atto (come ad esempio, nel caso di Beni iscritti nella Lista dell’UNESCO, la buffer zone). Risultato finale di questa strategia di inter vento, è la redazione del cosiddetto DRMP (Disaster Risk Management Plan), uno strumento essenziale per fornire una guida chiara, flessibile e pratica ai gestori del sito. Il contenuto del piano non deve consistere di una mera lista di azioni da eseguire, ma deve piuttosto descrivere un processo articolato e sfaccettato, per affrontare diversi possibili scenari, he le autorità competenti devono seguire nello stabilire e implementare le azioni di intervento più adatte. È perciò importante focalizzare precisamente gli obiettivi, gli attori a cui il piano è rivolto, le agenzie che si dovranno occupare della sua attuazione.

Gestione del rischio nei beni culturali. Analisi e valutazioni preliminari alla compilazione del Disaster Risk Management Plan / Mussini, Paola. - In: GEAM. GEOINGEGNERIA AMBIENTALE E MINERARIA. - ISSN 1121-9041. - STAMPA. - 137:(2012), pp. 31-42.

Gestione del rischio nei beni culturali. Analisi e valutazioni preliminari alla compilazione del Disaster Risk Management Plan

MUSSINI, PAOLA
2012

Abstract

Il patrimonio si trova per sua stessa natura in una condizione di elevato degrado potenziale sia per opera di eventi catastrofici occasionali, sia di fenomeni ad azione continuativa nel tempo che hanno conseguenze distruttive su di esso. Per realizzare pienamente l’attività di tutela nei confronti dei beni culturali è dunque di primaria importanza individuare quali siano gli agenti aggressivi la cui azione ne mette a rischio la conservazione, per contenerli, ridurli e, quando possibile, annullarli. Sebbene l’interesse nei confronti della preparazione ai disastri venga rinnovato puntualmente dopo il verificarsi di ogni catastrofe, finora molto poco è stato stabilito a livello formale per il patrimonio culturale, che viene raramente menzionato nei piani di emergenza territoriale e che risulta ancora privo di una vera e propria strategia di intervento condivisa a livello internazionale. Nonostante la mancanza di linee di indirizzo precise e riconosciute, molti studi recenti hanno approcciato l’argo- mento, proponendo l’impiego di strumenti innovativi per il rilievo e l’analisi dei rischi e degli impatti insistenti sui beni culturali. Il tema della gestione del rischio nei beni culturali ha negli ultimi anni assunto sempre maggior importanza nel dibattito scientifico internazionale. Primo fra tutti l’UNESCO, si è impegnato nella formulazione di linee guida e raccomandazioni per garantire una tutela reale ed attiva nei confronti dei siti iscritti nella Lista del Patrimonio Mondiale e di una metodologia di intervento, denominata Disaster Risk Management Cycle. I principi chiave di questa metodologia sono: – la prevenzione o riduzione degli impatti che i disastri possono provocare sui beni culturali, sul territorio circostante e sulla popolazione, nell’ottica metodologica della conservazione preventiva; – la conservazione del valore universale (OUV – Outstanding Universal Value) che ne ha giustifi- cato l’iscrizione nella Lista del Patrimonio Mondiale; – lo studio dei fattori che possono incrementare la vulnerabilità intrinseca del sito e di strategie per la sua riduzione; – l’analisi dell’adeguatezza delle misure di protezione in atto (come ad esempio, nel caso di Beni iscritti nella Lista dell’UNESCO, la buffer zone). Risultato finale di questa strategia di inter vento, è la redazione del cosiddetto DRMP (Disaster Risk Management Plan), uno strumento essenziale per fornire una guida chiara, flessibile e pratica ai gestori del sito. Il contenuto del piano non deve consistere di una mera lista di azioni da eseguire, ma deve piuttosto descrivere un processo articolato e sfaccettato, per affrontare diversi possibili scenari, he le autorità competenti devono seguire nello stabilire e implementare le azioni di intervento più adatte. È perciò importante focalizzare precisamente gli obiettivi, gli attori a cui il piano è rivolto, le agenzie che si dovranno occupare della sua attuazione.
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