La ricerca, afferente l'area disciplinare del restauro, con una correlazione della storia dell’architettura e del territorio, ha come oggetto la riflessione sulla memoria fragile e la conservazione delle sue testimonianze nel periodo tra la comparsa del nazifascismo e la fine della seconda guerra mondiale. Oggi, a distanza di più di sessantacinque anni, stanno venendo a mancare i testimoni diretti di questi fatti. Restano i luoghi e i documenti materiali che sono stati testimoni delle sofferenze degli uomini. Questi segni sono preziosi in un’ottica di conservazione e di attenzione alla oggettività delle fonti. In un tempo come quello attuale, dove sono presenti tendenze di matrice revisionista, è ancora più interessante riflettere su tali temi e tentare di rispondere con i dati che la storia stessa ci ha fornito. Nella presente trattazione la riflessione critica si concentra in particolare sulle memorie della Deportazione e della Resistenza in Italia, declinate nel campo dell’architettura solo parzialmente e in maniera discontinua. Questa scelta deriva dal fatto che è una questione ancora poco trattata in modo organico e specifico. Inoltre, la Deportazione ha modificato sostanzialmente il modo di concepire la memoria rispetto ai secoli precedenti e la Resistenza è un tema profondamente collegato con quello della Deportazione; infatti in Italia nel dopoguerra si è messa in primo piano la celebrazione della Resistenza per elevare in positivo, dal punto di vista eroico, alcuni uomini e in senso più ampio il popolo italiano, mettendo in secondo piano il ricordo della responsabilità del regime fascista e il dibattito relativo alla Deportazione verso cui, soprattutto appena terminata la guerra, vi era addirittura incredulità. Tali questioni non sono state affrontate dal punto di vista della storia dell’architettura, né del restauro per quanto attiene la tutela del moderno e del contemporaneo, se non eccezionalmente e in casi isolati. Il presente studio si inserisce in questo ambito ancora poco indagato e complesso per proporre nuovi passi nel settore della ricerca al servizio della conservazione e del restauro. La memoria può essere tramandata in maniera “forte”, come nel caso dei memoriali, dei monumenti e dei musei o “debole”, come avviene per le tracce dei sentieri attraversati da eventi bellici o per i vari materiali di difficile conservazione, come nel caso dei campi di concentramento. La selezione dei casi studio è stata effettuata partendo dalla letteratura critica e dal dibattito attuale relativi ai luoghi di memoria, dal dopoguerra ad oggi, con particolare attenzione alle riviste del settore della disciplina del restauro, della storia dell’architettura, e della storiografia. Per quanto attiene alla memoria “forte” sono stati considerati: monumenti, memoriali e musei, e per quanto riguarda la memoria “debole” sono stati analizzati: campi di concentramento e luoghi della Resistenza. Per le testimonianze dell’Olocausto e della Resistenza, l'attenzione si è concentrata sui siti che furono teatro di Deportazione, quali i campi di concentramento, con approfondimenti su casi italiani, senza tralasciare i riferimenti ad un contesto più ampio europeo. Per quanto concerne i luoghi della Resistenza sono stati scelti esempi simbolo, distinguendo tra gli ambiti urbani, come Roma e Torino, gli ambiti rurali, come il borgo di Paralup (Cuneo), le aree di rappresaglia nazifascista e della guerra contro la popolazione civile, come Boves (Cuneo) e Monte Sole (Bologna). Il presente lavoro si articola in tre parti. Nella prima parte sono stati analizzati i termini, i fatti storici, le testimonianze materiali e i sistemi territoriali dei luoghi teatro dell’Olocausto e della Resistenza nella seconda guerra mondiale in Italia. Nella seconda parte sono state indagate le “memorie forti” e le “memorie deboli”, attraverso la presentazione di casi italiani a confronto con casi europei, evidenziando le esperienze prodotte in questi ultimi anni per la conservazione e la valorizzazione. Il caso del progetto Interregionale e transfrontaliero I sentieri della libertà – Memoria delle Alpi (2003-2008) appare particolarmente pertinente come esempio di rapporto virtuoso tra Stati per agire in un un’ottica di confronto dei dati storici e messa a sistema delle fonti. In conclusione si presentano alcune riflessioni nell’ambito della letteratura critica sugli interventi, con ragionamenti volti ad attuare strategie di tutela, conservazione e valorizzazione, con particolare attenzione alle tecnologie avanzate, strumento chiave per divulgare i fatti storici, avvicinando anche un pubblico più giovane. Le difficoltà principali della ricerca sono state quelle riferite alla riconoscibilità del documento materiale. Esistono molte pubblicazioni e documenti di archivio locali e nazionali in cui sono trattate le questioni storiche dei siti in esame. Tuttavia, il dato architettonico è quasi sempre in secondo piano, pur costituendo la testimonianza fisica più forte che è rimasta dei delitti e delle tragedie di cui i luoghi sono stati scenario. Le interpretazioni architettoniche sono quindi state lette attraverso documenti di organizzazione militare, polizia, ordine della Repubblica Sociale Italiana-RSI (come nel caso dei documenti d’archivio relativi a Ferramonti reperiti presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma) per arrivare ad ottenere un quadro più chiaro e leggibile dei singoli luoghi della memoria, tutti uniti da un filo rosso dettato dalla storia. Tra le fonti archivistiche si sottolinea la notevole ricchezza dell’Archivio Tutela Monumentale della Soprintendenza ai Beni Architettonici e Paesaggistici delle Province di Torino, Asti, Cuneo, Biella e Vercelli, fonte preziosa per la ricostruzione delle trasformazioni architettoniche di luoghi della memoria, come il campo di concentramento di Borgo San Dalmazzo (Cuneo). Il futuro delle testimonianze dell’Olocausto e della Resistenza sarà affidato a film, libri e fotografie, per sopperire alla scomparsa degli ultimi testimoni delle tragiche vicende vissute in prima persona. Le nuove generazioni, che per ragioni anagrafiche, non hanno attraversato direttamente gli orrori della seconda guerra mondiale, sono chiamate a riflettere sul tema della memoria e a rispondere ad un dilemma: conservare o lasciare all’oblio le tracce materiali deboli? Questa tesi cerca di rispondere ad alcuni quesiti sulle nuove frontiere della conoscenza e della tutela del patrimonio architettonico della memoria del Novecento a rischio. In base alle teorie del restauro e alla normativa in materia è possibile ripensare le testimonianze dell’Olocausto e della Resistenza per attuare opportune strategie di conservazione delle documentazioni “fragili”. C’è ancora molta strada da fare per il pieno riconoscimento come patrimonio culturale dei luoghi della memoria della seconda guerra mondiale in Italia, ma il processo è in atto. Nei prossimi anni occorrerà ancora lavorare in modo sistemico su scala nazionale tra gli addetti ai lavori e gli attori presenti sul territorio dei siti di memoria, per giungere ad un riconoscimento ufficiale di questi luoghi e di questi manufatti come sistema di beni culturali da conservare, tutelare e valorizzare con progetti appositi. Nell’ambito di una generale presa di coscienza e maturazione su questi temi, la storia dell’architettura e il restauro possono essere strumenti fondamentali per l’approccio di conoscenza e per l’intervento operativo. A questo processo vuole contribuire il percorso di ricerca della presente tesi.

Memorie fragili da conservare: testimonianze dell'Olocausto e della Resistenza in Italia / Giacomini, MARIA VITTORIA. - (2012). [10.6092/polito/porto/2501639]

Memorie fragili da conservare: testimonianze dell'Olocausto e della Resistenza in Italia

GIACOMINI, MARIA VITTORIA
2012

Abstract

La ricerca, afferente l'area disciplinare del restauro, con una correlazione della storia dell’architettura e del territorio, ha come oggetto la riflessione sulla memoria fragile e la conservazione delle sue testimonianze nel periodo tra la comparsa del nazifascismo e la fine della seconda guerra mondiale. Oggi, a distanza di più di sessantacinque anni, stanno venendo a mancare i testimoni diretti di questi fatti. Restano i luoghi e i documenti materiali che sono stati testimoni delle sofferenze degli uomini. Questi segni sono preziosi in un’ottica di conservazione e di attenzione alla oggettività delle fonti. In un tempo come quello attuale, dove sono presenti tendenze di matrice revisionista, è ancora più interessante riflettere su tali temi e tentare di rispondere con i dati che la storia stessa ci ha fornito. Nella presente trattazione la riflessione critica si concentra in particolare sulle memorie della Deportazione e della Resistenza in Italia, declinate nel campo dell’architettura solo parzialmente e in maniera discontinua. Questa scelta deriva dal fatto che è una questione ancora poco trattata in modo organico e specifico. Inoltre, la Deportazione ha modificato sostanzialmente il modo di concepire la memoria rispetto ai secoli precedenti e la Resistenza è un tema profondamente collegato con quello della Deportazione; infatti in Italia nel dopoguerra si è messa in primo piano la celebrazione della Resistenza per elevare in positivo, dal punto di vista eroico, alcuni uomini e in senso più ampio il popolo italiano, mettendo in secondo piano il ricordo della responsabilità del regime fascista e il dibattito relativo alla Deportazione verso cui, soprattutto appena terminata la guerra, vi era addirittura incredulità. Tali questioni non sono state affrontate dal punto di vista della storia dell’architettura, né del restauro per quanto attiene la tutela del moderno e del contemporaneo, se non eccezionalmente e in casi isolati. Il presente studio si inserisce in questo ambito ancora poco indagato e complesso per proporre nuovi passi nel settore della ricerca al servizio della conservazione e del restauro. La memoria può essere tramandata in maniera “forte”, come nel caso dei memoriali, dei monumenti e dei musei o “debole”, come avviene per le tracce dei sentieri attraversati da eventi bellici o per i vari materiali di difficile conservazione, come nel caso dei campi di concentramento. La selezione dei casi studio è stata effettuata partendo dalla letteratura critica e dal dibattito attuale relativi ai luoghi di memoria, dal dopoguerra ad oggi, con particolare attenzione alle riviste del settore della disciplina del restauro, della storia dell’architettura, e della storiografia. Per quanto attiene alla memoria “forte” sono stati considerati: monumenti, memoriali e musei, e per quanto riguarda la memoria “debole” sono stati analizzati: campi di concentramento e luoghi della Resistenza. Per le testimonianze dell’Olocausto e della Resistenza, l'attenzione si è concentrata sui siti che furono teatro di Deportazione, quali i campi di concentramento, con approfondimenti su casi italiani, senza tralasciare i riferimenti ad un contesto più ampio europeo. Per quanto concerne i luoghi della Resistenza sono stati scelti esempi simbolo, distinguendo tra gli ambiti urbani, come Roma e Torino, gli ambiti rurali, come il borgo di Paralup (Cuneo), le aree di rappresaglia nazifascista e della guerra contro la popolazione civile, come Boves (Cuneo) e Monte Sole (Bologna). Il presente lavoro si articola in tre parti. Nella prima parte sono stati analizzati i termini, i fatti storici, le testimonianze materiali e i sistemi territoriali dei luoghi teatro dell’Olocausto e della Resistenza nella seconda guerra mondiale in Italia. Nella seconda parte sono state indagate le “memorie forti” e le “memorie deboli”, attraverso la presentazione di casi italiani a confronto con casi europei, evidenziando le esperienze prodotte in questi ultimi anni per la conservazione e la valorizzazione. Il caso del progetto Interregionale e transfrontaliero I sentieri della libertà – Memoria delle Alpi (2003-2008) appare particolarmente pertinente come esempio di rapporto virtuoso tra Stati per agire in un un’ottica di confronto dei dati storici e messa a sistema delle fonti. In conclusione si presentano alcune riflessioni nell’ambito della letteratura critica sugli interventi, con ragionamenti volti ad attuare strategie di tutela, conservazione e valorizzazione, con particolare attenzione alle tecnologie avanzate, strumento chiave per divulgare i fatti storici, avvicinando anche un pubblico più giovane. Le difficoltà principali della ricerca sono state quelle riferite alla riconoscibilità del documento materiale. Esistono molte pubblicazioni e documenti di archivio locali e nazionali in cui sono trattate le questioni storiche dei siti in esame. Tuttavia, il dato architettonico è quasi sempre in secondo piano, pur costituendo la testimonianza fisica più forte che è rimasta dei delitti e delle tragedie di cui i luoghi sono stati scenario. Le interpretazioni architettoniche sono quindi state lette attraverso documenti di organizzazione militare, polizia, ordine della Repubblica Sociale Italiana-RSI (come nel caso dei documenti d’archivio relativi a Ferramonti reperiti presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma) per arrivare ad ottenere un quadro più chiaro e leggibile dei singoli luoghi della memoria, tutti uniti da un filo rosso dettato dalla storia. Tra le fonti archivistiche si sottolinea la notevole ricchezza dell’Archivio Tutela Monumentale della Soprintendenza ai Beni Architettonici e Paesaggistici delle Province di Torino, Asti, Cuneo, Biella e Vercelli, fonte preziosa per la ricostruzione delle trasformazioni architettoniche di luoghi della memoria, come il campo di concentramento di Borgo San Dalmazzo (Cuneo). Il futuro delle testimonianze dell’Olocausto e della Resistenza sarà affidato a film, libri e fotografie, per sopperire alla scomparsa degli ultimi testimoni delle tragiche vicende vissute in prima persona. Le nuove generazioni, che per ragioni anagrafiche, non hanno attraversato direttamente gli orrori della seconda guerra mondiale, sono chiamate a riflettere sul tema della memoria e a rispondere ad un dilemma: conservare o lasciare all’oblio le tracce materiali deboli? Questa tesi cerca di rispondere ad alcuni quesiti sulle nuove frontiere della conoscenza e della tutela del patrimonio architettonico della memoria del Novecento a rischio. In base alle teorie del restauro e alla normativa in materia è possibile ripensare le testimonianze dell’Olocausto e della Resistenza per attuare opportune strategie di conservazione delle documentazioni “fragili”. C’è ancora molta strada da fare per il pieno riconoscimento come patrimonio culturale dei luoghi della memoria della seconda guerra mondiale in Italia, ma il processo è in atto. Nei prossimi anni occorrerà ancora lavorare in modo sistemico su scala nazionale tra gli addetti ai lavori e gli attori presenti sul territorio dei siti di memoria, per giungere ad un riconoscimento ufficiale di questi luoghi e di questi manufatti come sistema di beni culturali da conservare, tutelare e valorizzare con progetti appositi. Nell’ambito di una generale presa di coscienza e maturazione su questi temi, la storia dell’architettura e il restauro possono essere strumenti fondamentali per l’approccio di conoscenza e per l’intervento operativo. A questo processo vuole contribuire il percorso di ricerca della presente tesi.
2012
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11583/2501639
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